Spes, Ultima Dea by Danila Comastri Montanari

Spes, Ultima Dea by Danila Comastri Montanari

autore:Danila Comastri Montanari [Montanari, Danila Comastri]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Aurelio era appena entrato nel vestibolo delle Terme di Agrippa, quando scorse di lontano Corellia, la moglie del console, che si attardava a parlare con Valeria davanti allo spogliatoio femminile. Accanto alle due donne, un cubicolario spione teneva le orecchie ben dritte, fingendosi occupato a riporre gli asciugatoi.

Corellia era più che mai graziosa, nella tunica a maniche corte che le lasciava scoperte le braccia, segnate dai lividi di una brutta caduta. Memore della promessa fatta a Metronio, il patrizio lottò con strenua determinazione contro il desiderio di avvicinarla, e naturalmente perse.

Nel momento in cui Valeria si accomiatava, il senatore fece un cenno a Castore, che, afferrata al volo la situazione, prese subito lo schiavo per la tunica.

«Ehi tu, giù le mani dalla mia roba!» urlò, facendo accorrere due buttafuori: ai bagni i furti erano all’ordine del giorno, e ogni stabilimento era dotato di sorveglianti pronti a intervenire al minimo allarme.

«Che ti prende? Non ho fatto niente!» protestò il cubicolario, mentre i solerti guardiani gli immobilizzavano le braccia, portandolo via per la perquisizione.

Liberato il campo, Aurelio si accostò a Corellia. Gli bastò uno sguardo per accorgersi che la donna non era affatto ben disposta nei suoi riguardi.

«Valeria mi ha detto come l’hai importunata dai Sosii, costringendola a scappar fuori di corsa. Stammi lontano, non voglio più avere nulla a che fare con te!» dichiarò stizzita la matrona, contando su una pronta supplica del senatore.

Invece il patrizio, scorato, non tentò nemmeno di giustificarsi: che Corellia credesse pure alle parole di quella serpe...

«Come desideri. E salutami il generale, quando lo vedi» la congedò con un breve cenno del capo, mentre si allontanava con l’umore di un candidato alla pretura che, dato già per vincitore, si vede al successivo conteggio soffiare la vittoria per un pugno di voti.

«Ave, Stazio» lo salutò acida Glafira, sbucando all’improvviso dalle spalle del patrizio. «Sono tanto pericolosa da mobilitare un’intera coorte di vigiles per tenermi d’occhio? Fino a quando dovrò spogliarmi con una decina di satiri in corazza che sbirciano dalla finestra?»

«Perché Antonio Felice ti ha affidato quella teca? Che cosa c’era nelle ampolle? Dove hai trovato quell’orecchino?» la assalì il senatore, alzando la voce.

«Smettila di fare piazzate, siamo in pubblico!» lo zittì l’etera, sempre attentissima alle convenienze. «E non pensare di spaventarmi; ho amici molto in alto!»

«Ti illudi, credendo che i tuoi clienti si darebbero la pena di proteggerti, bella mia! Parla, piuttosto, e prega gli Dei che mi facciano arrivare presto all’assassino: se la cassetta del farmacista ha qualcosa a che fare con la morte di Felice, la prossima vittima potresti essere tu!»

L’etera impallidì, mordendosi le labbra. Di fronte al suo ostinato mutismo, ad Aurelio non rimase che avviarsi deluso verso la piscina.

«Stai indagando, o ti balocchi con le cortigiane?» gli chiese in tono indisponente Appio Ostillo, il decano della Curia, che aveva assistito da lontano all’incontro.

«Da che bocca...» mormorò il patrizio a mezza voce, per non farsi sentire dai servi incaricati di sorvegliare il decano e riferire ogni sua mossa alla ricca consorte plebea, che non gli aveva perdonato lo sgarro.



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