Simboli della fine by Federico Vercellone

Simboli della fine by Federico Vercellone

autore:Federico, Vercellone [Vercellone, Federico]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Voci
ISBN: 9788815350145
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2018-09-14T22:00:00+00:00


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[1] Cfr. S. Settis, Cieli d’Europa. Cultura, creatività, uguaglianza, Milano, Utet, 2017, in particolare, per quanto riguarda i temi dell’iconofilia e dell’iconoclastia, pp. 11-36.

VIII.

Simboli come cibo, e cibi come simbolo

Non c’è vita senza un’iniziazione simbolica. Siamo indotti ad assumere i simboli come un cibo iniziatico, come un secondo seno materno dal quale ci nutriamo attraverso un cordone ombelicale che fa corpo con la nostra placenta culturale. La metafora organicistica va qui presa alla lettera. Abbiamo a che fare con una simbolizzazione che nulla ha di arbitrario. Sempre più abbiamo a che fare con vere e proprie immagini metaboliche che si increstano sul corpo proprio e ne rivelano, com’è il caso di molti tatuaggi, la verità profonda. Si trascorre così dalla lettera all’immagine, dalla mediazione storica del testo alla mediazione in icona di immagini simboliche che si ripetono nel tempo e nello spazio, bisognose di nuove significazioni.

Si è scatenato il dramma delle appartenenze, o l’appartenenza come dramma collettivo. Nulla è più richiesto dell’«ap- partenere a» e del «dipendere da». L’ideale illuministico di un’umanità cosmopolita ha avuto un perverso trionfo nel mondo globalizzato: si è trasformato nella realtà di una comunità apolide, costretta nello spazio neutro della megalopoli.

La deriva verso i nonluoghi descritta da Marc Augé sembra così costituirsi come esito assoluto e relativo del fenomeno della globalizzazione. Augé sottolinea come i luoghi costituiscano il realizzarsi di una comunità che si riconosce negli stessi simboli anche grazie a un legame territoriale e di sangue. I nonluoghi – sottolinea ancora Augé – sono il contesto di tutti i luoghi possibili. Essi costituiscono il motivo di un’estirpazione del simbolico dalla sua originaria situazione nel corpo proprio, inteso anche lato sensu come l’ambiente vitale nel quale gli individui radicano la propria esistenza.

Un nuovo radicamento è sempre più richiesto, in un mercato sempre più sensibile a motivazioni antropologiche. Identità e radicamento, in questo contesto, creano valore: divengono istanze insieme economiche e mitopoietiche. È emersa, con tutta evidenza, una necessità anfibia, assiologicamente neutra, che può aggrapparsi a ogni istanza ed estendere le proprie radici in ogni direzione: localizzandosi nel nazionalismo, nel vernacolo, ma anche nello Slow Food. Al cuore di tutto questo confuso sommovimento si avverte infine la necessità di un nuovo ethos condiviso (su cui si tornerà tra breve).

È il moltiplicarsi dei luoghi a produrre indigenza simbolica e confusione mentale. Si avverte sempre di più – sottolinea Augé – la necessità di una nuova reintegrazione simbolica dell’umano. La logica dello straniamento, che ha retto la modernità come una sorta di ideale negativo, come una resistenza cui necessariamente si doveva esser sottoposti per salvaguardare l’autonomia del soggetto, ha ceduto il passo alla richiesta famelica di un nuovo nutrimento simbolico, dunque di una vera e propria nuova contestualizzazione dell’esistenza. È come se l’affermarsi di una cultura dell’immagine avesse determinato una sorta di spazializzazione dell’esistenza. Il filo conduttore del tempo che, mettendo in successione gli eventi, ne stabilisce il senso, lascia maturare e affiorare accanto a sé, sempre più influente, il principio dello spazio. Lo si osservava



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