Aria di famiglia by Alessandro Piperno

Aria di famiglia by Alessandro Piperno

autore:Alessandro Piperno [Piperno, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-03-25T12:00:00+00:00


LA FESTA DELLE LUCI (E DELLE OMBRE)

1

Voleva che lo chiamassi Fefè, pretendeva che ricambiassi le sue attenzioni con lo stesso slancio, si vantava di capirmi al volo, meglio di un amico di vecchia data. Considerando che lo conoscevo da un quarto d’ora e che fino a qualche giorno prima avrei faticato ad associare un viso al suo nome, l’accoglienza riservatami da Raffaello Carraro, magnate del cinema e di molte altre cose, era decisamente sorprendente.

A parte me – a mio agio nel ruolo di pesce fuor d’acqua – gli altri invitati erano familiari e sottoposti. Forse per questo mi veniva spontaneo comportarmi come il protagonista de La cena dei cretini, reagendo alle provocazioni del padrone di casa con un misto di perplessità e rassegnazione. Il nostro ospite ci aveva raggiunto in salotto con qualche minuto di ritardo, scortato da una segretaria chiamata, a seconda delle circostanze, “ciccina” o “tesoro mio”.

Un tempo le persone che m’invitavano a cena esigevano da se stesse e dagli ospiti un contegno decisamente più austero di quello tenuto da Fefè Carraro e dai suoi clientes. In case foderate di libri, a lume di candela, mi infliggevano cibi biologici, vini naturali, conversazioni colte, maldicenti e nostalgiche. Da che ero caduto in disgrazia quel tipo di inviti era venuto meno, e tutto sommato non ne sentivo la mancanza.

Fefè era un sessantacinquenne ben piantato, con due cespugli al posto delle sopracciglia. Data la conformazione massiccia del busto e il mento fiero, non avrebbe sfigurato in toga e calzari, nei panni di un senatore romano. E invece si era presentato in tuta di cachemire beige e babbucce orientali griffate. Stando alla breve biografia pescata sul web, aveva impiegato trent’anni per decuplicare le fortune ereditate dal nonno (non certo da quel vizioso scansafatiche del padre). All’inizio della carriera, le produzioni di film di cassetta avevano rappresentato il suo principale business. Poi, intuendo che bisognava cambiare registro, aveva differenziato gli investimenti e le ambizioni mondane. Così, insieme alla ricchezza, aveva consolidato la reputazione di benefattore, mecenate e collezionista.

Le pareti della casa erano stipate del meglio offerto dal mercato artistico contemporaneo. Non dubitavo che la scomoda poltrona su cui friggevo fosse stata ideata da un designer illustre. Del resto, per fastoso che fosse, non c’era pavimento, tappeto, grottesca, per non dire del camino Luigi XVI in cui ardeva un bel fuoco, che potesse rivaleggiare con i Fori illuminati a festa incorniciati dalle finestre. Peccato che, a dispetto della bellezza dei singoli pezzi, l’effetto prodotto da una simile esibizione di opulenza risultasse artificioso e pleonastico. Erano questi i momenti in cui ripensavo con nostalgia alle simpatie comuniste dei miei genitori.

«Ti offendi se ti dico che non ho mai letto un tuo libro?» mi disse con arroganza (Fefè era un gaffeur pieno di autoindulgenza). «Non sono io il lettore di casa. Non ho tempo per certi lussi. A me bastano le sinossi che scrivono per me Adele, mia moglie, e Virginia, la nostra unica figlia. Soprattutto lei. Come mi sarà uscita una ragazza così secchiona? Bella com’è, non si capisce cosa ci faccia, sempre con un libro in mano.



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