Lilit by Primo Levi

Lilit by Primo Levi

autore:Primo Levi [Levi, Primo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa moderna e contemporanea
ISBN: 9788858422052
editore: Einaudi
pubblicato: 2016-01-25T16:00:00+00:00


Self-control

Il dottore della mutua non lo aveva preso sul serio. Non che fosse uno stupido o che avesse fretta: lo aveva visitato con tutte le regole, gli aveva anche fatto fare delle analisi, e gli aveva detto che malattie non ne aveva. Si capisce che, se uno fa un lavoro di fatica e di responsabilità, alla fine del turno si sente stanco, è solo naturale. Che Gino si desse d’attorno, era ancora giovane, da manovratore poteva passare controllore, oppure anche, con un po’ di fortuna e qualche spinta, entrare nell’amministrazione e sedersi dietro una scrivania. Non è che cosí si risolvano tutti i problemi, ma insomma.

Non che Gino volesse proprio essere malato, ma questo discorso lo aveva lasciato poco soddisfatto. Il fatto è che, quando smontava, si sentiva come un peso a destra, subito sotto le costole. Il dottore lo aveva palpato e gli aveva detto che era il fegato; non era né gonfio né irritato, era un fegato sano, ma era lí, tutti ce l’hanno, e può capitare benissimo che uno, se è stato molte ore in piedi, o seduto scomodo, si accorga che c’è e se lo senta pesare. Fumava, beveva? No? Che andasse tranquillo, non mangiasse fritti e non prendesse troppe medicine: sí, perché è proprio il fegato che gestisce le medicine, le lascia passare oppure no, le demolisce dopo che hanno fatto il loro mestiere (posto che lo abbiano fatto), in maniera che non vadano in giro col sangue a fare guai.

È anche il fegato quello che amministra i grassi, cioè fabbrica la bile che sta in posteggio nella cistifellea, e poi, a richiesta, salta fuori e passa nell’intestino a cucinare i grassi; di modo che, meno grassi uno mangia, meno è la bile che ci vuole, e meno il fegato lavora. In buona sostanza, il suo fegato era sano ma lui non gli doveva far fare gli straordinari. A Gino i fritti e la roba grassa piacevano: peccato. Avrebbe tenuto d’occhio il suo fegato come si fa con le vetture, se uno vuole che durino: lavaggio e grassaggio regolari, e un’occhiata ogni tanto all’impianto elettrico, agli iniettori, a tutte le pompe, alla batteria e ai freni.

Gino era manovratore sugli autobus, sull’81 e sull’84, che sono linee noiose e faticose, ma su tutte le linee urbane è su per giú la stessa musica. Ti annoi ma devi stare attento, che è una contraddizione, e poi, da quando hanno messo le macchinette e levato via il bigliettario, non hai neppure il diversivo di scambiare quattro parole con lui quando si arriva al capolinea, che la vettura è vuota; e in piú hai quella seccatura delle porte pneumatiche.

Guidava, un occhio alla strada e un occhio allo specchietto, e intanto pensava che siamo complicati. Oltre al fegato, c’è una infinità di aggeggi. Ti distrai, e resti panato; un organo si pianta, non funziona piú, oppure funziona male e si mette a fare delle cose che non dovrebbe. Come l’Ernesta, che si era trascurata, le era venuta la tiroide, e



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