Il grande cielo by Alfred B. Guthrie

Il grande cielo by Alfred B. Guthrie

autore:Alfred B. Guthrie [Guthrie, Alfred B.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


24

Boone si sentì addosso lo sguardo di Summers, e voltandosi lo vide abbassarsi e inchiodarsi al terreno, quasiché Summers non volesse lasciar trapelare dalle pupille i pensieri che andava rivolgendo.

Summers disse: «Dopo cinque o sei bevute il sottoscritto non sarebbe capace nemmeno di colpire un bisonte nel sedere con un palo da tenda.»

«Io non sono ancora giunto al limite» rispose Boone dopo una pausa. «Mi sento di camminare sopra una fune o di centrare un buco in un’asse con lo sputo.» Bevve dalla borraccia di whisky che aveva a fianco. «In ogni modo non è vero. Ieri sei stato in gamba nel tiro a volo. Hai fatto meglio di tutti.»

«Non avevo in corpo che una sorsata.»

Summers e Jim erano accosciati ai fianchi di Boone. Poverodiavolo era disteso in terra di fronte a loro e russava; il bianco degli occhi luccicava attraverso le palpebre socchiuse e la saliva gli colava da un angolo della bocca e andava a formare una macchia scura nella polvere.

«Immagino che Poverodiavolo si credeva di prosciugare il barile.» disse Summers.

«Io, per me, non voglio proprio saperne di prosciugar barili.»

Il pomeriggio si stava inoltrando, e un po’ più in là si iniziava una partita di «Hand», ora che la corsa di cavalli era quasi finita per quel giorno, e il tiro a segno pure. I giocatori sedevano in fila dalle due parti del fuoco. Sotto lo sguardo di Boone, si misero a gridare ritmicamente e a picchiar bastonate sui pali secchi che si erano messi davanti. Ognuno aveva la sua posta a portata di mano. Eran pelli che puntavano, per lo più, e crediti presso la Compagnia e merci di scambio, manifatture indiane, polvere e pallottole, e a volte anche un fucile. Non si erano ancora scaldati nel gioco. Una volta giunta la notte, si sarebbero messi a schiamazzare, sudare e far scommesse alte, loro e altri venuti lì da altri fuochi. Si distingueva facilmente Streak, con la testa scoperta e il sole che gli accendeva la ciocca di capelli bianchi.

A monte e a valle del fiume Boone scorgeva tende indiane, accostate più del solito all’accampamento bianco, forse perché il convegno stavolta era più ridotto. Più presso c’eran cavalli che pascolavano, e più vicino ancora si movevano gli uomini di montagna, chiacchierando, ridendo, bevendo e imbrancandosi con alcuni indiani al banco di ceppi dietro cui Fitzpatrick aveva collocato le merci della Compagnia, al riparo di pelli. Le tende degli appartenenti alla Compagnia si aggruppavano intorno allo spaccio. Al retro di queste erano ammucchiate selle da soma, funi e via dicendo. Le tende dei liberi cacciatori, dalle quali Boone guardava la scena, si trovavano a occidente delle altre, lontano dal fiume. Dietro il banco due impiegati si affaccendavano coi loro libri mastri. Davanti a esso un paio di cacciatori bianchi mostrava di aver ingollato a crepapancia. Ballavano all’indiana, e via via presero a cantare, dandosi manate sul ventre per ottenere il tremolìo di voce, concludendo poi con un bel grido di guerra:



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