Serrano Daniel - 2008 - Il marchio del perdono by Serrano Daniel

Serrano Daniel - 2008 - Il marchio del perdono by Serrano Daniel

autore:Serrano Daniel
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2013-01-23T23:00:00+00:00


14

Margarita (con sale)

Passai il resto del fine settimana solo con il ricordo del viso di Xochitl, il suo profumo, le curve disegnate dal vestito rosso. Avrei voluto chiamarla subito, il mattino seguente, anche se avevo letto su un'infinità di riviste che le donne non gradiscono gli uomini che mostrano troppo interesse. A ogni modo, il numero che Xochitl mi aveva dato era quello dell'ufficio e non l'avrei trovata fino a lunedì.

Quel lunedì, Blutarski staccò per il pranzo a mezzogiorno in punto, com'era sua abitudine. Mi piazzai sulla sua sedia, presi il telefono e composi il numero che avevo sulla bustina di fiammiferi. Xochitl rispose con la sua voce un po' rauca, ma il tono era professionale.

L'apostrofai: — Come butta, nena?

— Come posso aiutarla?

— Sono io, Eddie.

— Mi scusi?

— Eddie Santiago.

— Ragione sociale, prego?

— Ci siamo conosciuti in quel locale…

— Resti in linea.

Xochitl mi mise in attesa con un sottofondo musicale melenso. Appoggiai il telefono alla spalla e pescai una delle matite affilatissime di Blutarski dalla tazza sulla scrivania. Disegnai ampi cerchi su un blocchetto giallo.

Xochitl tornò in linea. — Signore, le passo qualcuno?

— Xochitl, ma che fai? Vuoi mettermi in imbarazzo? — Le ripetei il mio nome e che ci eravamo conosciuti al club.

— Sabato sera?

— No. Venerdì.

— Quale club?

Glielo dissi.

— Uhm. E chi avrei conosciuto? — Finse di pensare ad alta voce. — Ah, aspetti. Lei è lo sterminatore?

— No.

— Il commercialista?

— Ehi, abbiamo ballato, Xochitl, non ti ricordi? Mi hai detto che mi trovavi in gamba?

— Bè, quello lo dico a tutti. Aspetta. Sei quello appena sbarcato in città?

— Sì, brava. Il tipo alto con il pizzetto.

— E quella specie di peluria la chiami pizzetto?

Sentii squillare un telefono in sottofondo. Stavo per dirle che potevo richiamarla più tardi, ma Xochitl mi mise in attesa prima che riuscissi ad aprire bocca.

Tornò in linea.

— Come facciamo a parlare in questo modo? — protestai.

— Il microfono è tutto tuo.

E proprio allora m'inceppai. La telefonata finì nelle secche. Restammo sospesi in quel silenzio artificiale in cui ognuno ascolta il respiro dell'altro sulla linea.

Xochitl scoppiò a ridere. — Sei un vero poeta, Eddie, eh?

Risi. — Bè, cavolo, quando sei sotto pressione…

— Cos e, soffri di ansia da prestazione?

— Cosa?

Xochitl mi scaricò per rispondere a un'altra chiamata.

Quando tornò in linea le dissi: — E dai, non ti va se ti porto fuori? Questa cosa è assurda.

— Dove mi vuoi portare?

Pensai al letto nella mia stanzetta, ma dissi: — Non lo so. In un posto dove possiamo parlare.

— Non mi pare tu abbia molto da dire.

— Forse, se ti avessi di fronte, mi verrebbe l'ispirazione. — Come risposta non era affatto male, ma temo che Xochitl mi avesse già piantato lì per rispondere a un'altra linea.

Tutta un tratto sentii l'odore di Blutarski. Era lì che torreggiava su di me. Era la prima volta da quando lavoravo per lui che si portava il pranzo al laboratorio. Restai impalato nella sua poltroncina sudicia, il telefono incuneato fra spalla e orecchio.

Blutarski mi fece segno di “togliermi dai piedi” col suo grasso pollice.



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