Nelle vene quell'acqua d'argento by Dario Franceschini

Nelle vene quell'acqua d'argento by Dario Franceschini

autore:Dario Franceschini [Franceschini, Dario]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788845256004
Google: oL0bAAAACAAJ
editore: Bompiani
pubblicato: 2006-04-14T22:00:00+00:00


Primo si coprì la testa con la giacca per difendersi dalla pioggia e corse verso il carro, sentendo addosso una nostalgia infinita delle mani tenere di Paoletta da piccola.

* * *

Il carro era ancora legato alla colonna e il cavallo continuava pigramente a masticare con la testa immersa in un sacco nero. Primo cercò con lo sguardo Artioli nella piazza vuota, poi sentì la sua voce che proveniva dai portici:

“Sono qui. Vieni che beviamo qualcosa per scaldarci”.

Si infilarono nell’osteria e si sedettero a un tavolo di legno scuro vicino all’entrata della cucina. L’aria era pregna di odori di vino bevuto e di fumo. Alcuni uomini parlavano ad alta voce seduti al banco mentre altri nei tavoli mangiavano zitti, con la testa chinata sul piatto.

“Prendiamo anche noi qualcosa da mangiare” disse Primo sedendosi.

“Siamo già in ritardo e se ci fermiamo ancora - brontolò Artioli - non riuscirò a portarti alla casa di Capocia entro sera”.

“E lo stesso” disse Primo mentre con un cenno della mano fece capire all’oste che volevano ordinare.

“Anche se arrivo che è buio lo aspetterò”.

“Guarda che Capocia e Bregola spesso stanno fuori di notte e non sempre la porta è aperta”.

“Allora faremo in fretta” concluse Primo.

Ordinarono due piatti di pasta e fagioli che l’oste portò fumanti dopo pochi minuti, con una bottiglia di vino rosato e tre bicchieri. Era un uomo così alto e grosso che veniva da chiedersi come poteva essere riuscito a passare dalla porta. Ogni volta che entrava in cucina, urtava con il corpo gli stipiti e la pancia continuava a ondeggiargli mentre serviva i piatti e scambiava battute con i clienti. Primo notò che lasciava a ogni tavolo un bicchiere in più, e ogni volta che ripassava si fermava a bere un sorso, parlando e ridendo senza sedersi.

L’osteria era piena di gente di passaggio e di uomini del paese che bevevano per abitudine. In fondo al locale, quasi al buio, Primo vide un uomo seduto da solo, alto e vestito di una antica raffinatezza che traspariva anche dagli abiti semplici e consumati. Avvertì un senso inspiegabile di familiarità, strizzò gli occhi come la miopia, sempre sfuggita, l’aveva da anni costretto a fare e gli parve di riconoscerlo. Cercò istintivamente tra i tavoli, il gigantesco apparecchio con le ruote, che doveva pur essere da qualche parte, e sorrise vedendolo attraverso il vetro appannato dell’ingresso, appoggiato a una delle colonne dei portici. Non c’erano dubbi, era Ariodante il mago.

Primo si domandò come potesse essere ancora vivo e ripensò al tempo passato sotto le sue finestre illuminate. Viveva in due stanze sopra il piazzale della chiesa di Cantarana ed era già vecchio quando Primo era ancora un ragazzo e stava per ore a masticare con gli amici il sapore libero della notte. Erano giovani, e tutte le sere si trovavano davanti al caffè, dove ogni cosa diventava un racconto, dove l’ironia dissacrava ogni vicenda della vita, anche la silenziosa solitudine di Ariodante. Guardavano le due finestre illuminate per tutta la notte e si perdevano tra risate e



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