Polveriera Tunisia by Sara Giudice

Polveriera Tunisia by Sara Giudice

autore:Sara Giudice [Giudice, Sara]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2024-03-07T12:00:00+00:00


La questione femminile

Non esiste femminismo che si rispetti che non

sia basato sull’indipendenza economica.

Isabel Allende, Il mio paese inventato

Sono diversa dalle persone che incrocio, specialmente dalle donne. Questa condizione è determinata dal mio luogo di provenienza, dalla mia posizione sociale e probabilmente anche dalla professione che svolgo. Questo mi rende molto più vicina agli uomini tunisini che alle donne, sono una di loro e accettano questa strana forma di uguaglianza senza particolari titubanze: sono colleghi, complici, amici, pari. Le donne del Paese mi accolgono e mi proteggono, si stringono a me per confessare il loro dolore, ma è come se il nostro rapporto viaggiasse su binari separati, paralleli, inconciliabili.

Leggo questa distanza negli occhi di Farah. Mi guarda con stupore e ammirazione ma anche con la curiosità che si riserva al diverso da sé, allo sconosciuto. Mi fissa e sembra pensare: cosa non capisco di lei? Perché è così diversa dalla mia mamma o da ciò che probabilmente sarò io? A Farah piaccio, lo vedo, ma devo farle anche molta paura, sono inserita nel suo perimetro del proibito, delle cose che è vietato desiderare, figuriamoci emulare. I gesti di complicità semplici e tutto sommato banali tra me e suo fratello Fakri la rendono nervosa: cammina compulsivamente avanti e indietro, ruota lo sguardo cercando quello del padre, come se a momenti dovesse arrivare un rimprovero o un castigo che la terrorizza anche se non la riguarda in prima persona. Mentre salgo con gli uomini di casa a fumare hashish e chiacchierare sul terrazzo, in attesa cha arrivi la notte, e con essa i trafficanti, le donne rimangono di sotto a sparecchiare. «Vi aiuto» dico alla padrona di casa che mi sta ospitando. «No, tu devi andare con loro, vai vai.» Prima mi offrono una sigaretta, che accetto volentieri. Farah ridacchia, imbarazzata. Il mio è l’ennesimo gesto inusuale, le donne non fumano. Perché si comporta come un maschio? pensa la bambina dagli occhi grandi, la stessa che raccoglieva i resti dei vestiti dei piccoli annegati con semplicità rituale. Rimane assorta senza dire nulla.

«I tuoi capelli sono bellissimi» le dico all’improvviso. «Sono belli così, sciolti e liberi.»

Glielo dico apposta, provando a squarciare il muro del suo possibile. Lei osserva la madre e la cugina con lo chador in testa e mi accarezza il volto, come se volesse vedere di che materia sono fatta. La sua curiosità e il suo stupore sono così permeabili che si può sentire l’energia che emanano. È come se si fosse svegliata in un altro mondo. Fakri mi sorride mentre mi indica le scale per raggiungere il terrazzo. Si comporta come se fosse interessato a me e la sorella l’ha capito, è imbarazzata al posto mio. Porta su di sé il rossore che qui è appannaggio esclusivamente femminile. La colpa come ferita inflitta dai desideri, il posto in panchina assegnato dalla nascita.

La questione femminile prima della Rivoluzione dei gelsomini è stata spesso e volentieri oggetto di una sorta di strumentalizzazione delle élite, quasi servisse più a legittimare il potere politico che a favorire l’effettiva emancipazione di un’ampia fetta di popolazione.



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