(La saga dei Gardella. Macey 01) La furia dell'alba. Max Denton by Colleen Gleason

(La saga dei Gardella. Macey 01) La furia dell'alba. Max Denton by Colleen Gleason

autore:Colleen Gleason
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9781931419888
editore: Avid Press


Capitolo 10

I preparativi

Una volta raggiunto il riparo delle ombre, Max si fermò dietro un angolo sporgente dell’edificio, nascosto da una tuia. Sentiva il cuore in tumulto e il corpo che ancora pulsava. Aveva la mente annebbiata e il fiato corto. Ed era parecchio confuso.

Ma di una cosa era oltremodo sicuro: per nessun motivo al mondo avrebbe lasciato che Savina tentasse di sedurre uno di quegli orribili mostri.

Che diavolo le passava per la testa?

Non che non la ritenesse capace, maledizione, con lui aveva fatto un ottimo lavoro. Sollevò lo sguardo verso la finestra, da cui trapelava un triangolo di luce, lo spiraglio da cui era fuggito.

Non l’avevo mai fatto prima.

Niente male per essere delle prove generali. Si sentiva ancora eccitato! Aggrottò la fronte e le labbra erano tanto tirate da dolergli. Ora però, si stava preparando ad andare in scena e lui non riusciva a staccare gli occhi dalla finestra.

Proprio in quel momento, due oggetti caddero giù da quella stessa finestra, atterrando non lontano da lui. Maledizione. Non si era neanche reso conto di aver scordato le scarpe. Le recuperò congratulandosi mentalmente con Savina per la sua prontezza. Senza, avrebbe avuto qualche problema.

Ancora non si capacitava di cosa gli fosse preso, in quella stanza. Si mise le scarpe e si riabbottonò la camicia con le mani tremanti. A un certo punto doveva avere pure perso quegli odiosi occhiali azzurri, dato che non li aveva più in tasca.

Era importante?

No, non più.

Uscì da quel cespuglio irto di spine e se ne tolse qualcuna dai capelli. Era giunto il momento di prendere in mano la situazione e apportare qualche cambiamento a quel piano folle e raffazzonato. Insomma, era lui il Cacciatore, maledizione. Sapeva lui cosa fare.

Prima di tutto, doveva recuperare un paio di cosette utili dal doppio fondo dell’automobile, poi avrebbe perquisito gli appartamenti di Purcell per vedere se trovava qualcosa. Non ci avrebbe messo molto ed era sicuro che il padrone di casa avesse altri impegni. A quell’ora, le stanze erano probabilmente deserte, ma nel caso, Max non avrebbe avuto problemi a liberarsi di eventuali scocciatori. Sogghignò: non vedeva l’ora di imbattersi in un vampiro o in chiunque altro avesse l’intenzione di fermarlo.

Dopo la perquisizione, sarebbe andato a porre fine al tête-à-tête e a ogni eventuale tentativo di approccio.

Savina non aveva motivo di esporsi a un tale rischio, seppure con un vampiro, per così dire, giovane.

Fine dei giochi.

Tornando dal garage, anziché raggiungere gli appartamenti di Purcell attraverso le scale di servizio e il corridoio, si arrampicò su un albero. Aveva bisogno di un po’ di esercizio: da quando avevano lasciato Roma, aveva viaggiato troppo e combattuto poco. Quell’unica notte londinese, in compagnia della sua balestra, non gli era bastata neanche lontanamente, e non vedeva l’ora che, l’indomani, arrivassero Rastingard e il suo seguito.

Il cuore gli accelerava al solo pensiero. Quello che bramava di più era trovarsi davanti quella baldracca che aveva partecipato all’uccisione di sua moglie.

L’albero aveva un bel ramo spesso, a quasi sette metri di altezza, che si allungava verso le vetrate delle stanze di Purcell, al terzo piano.



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