ARMADA by Ernest Cline

ARMADA by Ernest Cline

autore:Ernest Cline [Cline, Ernest]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-02-27T12:00:00+00:00


14

Mentre mi avvicinavo allo shuttle sentii provenire delle voci concitate dal boccaporto aperto.

«Perché danno tutti per scontato che RedJive sia un uomo?» chiese una donna con un marcato accento del Minnesota. «È una cosa molto sessista.»

«Già» intervenne una voce femminile più giovane. «Forse dovremmo chiamarla la Baronessa Rossa.»

Risate femminili. Mi fermai a qualche metro dallo shuttle e mi accovacciai, fingendo di sistemare il velcro delle mie nuove scarpe fornite dall’EDA, per continuare a origliare.

«La gente pensa che RedJive debba essere un uomo perché lo era anche Red Five, Rosso Cinque» rispose una voce maschile. Aveva uno strano accento della East Coast che suonava ancora più marcato alle mie orecchie abituate al Nordovest del Pacifico. «Mi spiace dovertelo dire, ma anche il Barone Rosso era maschio… proprio come Maverick, Goose, Iceman e tutti gli altri grandi piloti da combattimento della storia.»

«Sei consapevole che si tratta di personaggi di fantasia, sì?» chiese la ragazza più giovane, parlando sopra gli sghignazzi dell’uomo. «Per tua informazione, ci sono piloti donna da più di un secolo. Ci ho scritto una tesina per la scuola. Una donna di nome Marie Marvingt ha combattuto nei cieli della Francia durante la Prima guerra mondiale, e i russi hanno usato piloti donna nella Seconda. Inoltre l’esercito americano ha donne pilota fin dagli anni Settanta.»

Dopo una pausa significativa, la voce maschile rispose irritata: «Vabbe’, è lo stesso».

Seguirono altre risate stridule e qualche applauso sparso. Ne approfittai per rialzarmi e raggiungere l’ingresso dello shuttle.

Le risate si spensero appena i quattro occupanti dell’abitacolo mi videro salire la scaletta retrattile ed entrare dal portellone. Si girarono verso di me. Restai lì imbarazzato per un momento, a lasciarmi squadrare, e intanto squadrai loro.

Indossavano uniformi da pilota nuove e ben stirate, uguali alla mia. Alla mia sinistra c’era una bella signora di mezz’età con la pelle abbronzata e i capelli scuri, e il nome TEN. WINN sull’uniforme. Accanto a lei c’era un sedile vuoto, e ancora più in là sedeva un tizio corpulento con la barba incolta che mi scrutava sospettoso. Davanti a lui c’era un’adolescente afroamericana che non sembrava avere neanche i sedici anni necessari per la patente automobilistica. Vicino a lei era seduto un ragazzo asiatico, vent’anni o poco più, con una piccola bandiera cinese sotto lo stemma dell’EDA sulla divisa, invece di quella americana che avevamo tutti, e al posto delle parole “Earth Defense Alliance” c’era una sfilza di ideogrammi cinesi.

Ci guardammo tutti in silenzio per quello che mi parve un tempo sufficiente, poi andai a riporre lo zaino nella cappelliera e mi sedetti accanto alla donna di mezz’età, perché era l’unica che mi avesse sorriso.

«Ciao» dissi, porgendole la mano. «Sono Zack Lightman. Di Portland, Oregon.» Frastornato com’ero, mi ricordai tuttavia di dire Portland anziché Beaverton, per non sembrare un campagnolo.

«Benvenuto a bordo, Zack» disse lei, stringendomi la mano tra le sue. «Io mi chiamo Debbie Winn.» Qualcosa nel suo modo di parlare mi diede l’idea che fosse un’insegnante.

«Piacere di conoscerti, Debbie.»

«Piacere mio, anche se in circostanze così orribili.» Rise e mi rivolse un sorriso ansioso.



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