Il meglio di Anatole France by Anatole France

Il meglio di Anatole France by Anatole France

autore:Anatole France [France, Anatole]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa
editore: Longanesi & C.
pubblicato: 1959-04-14T23:00:00+00:00


CAPITOLO SESTO:

I SETTECENTO PYROT.

I settecento Pyrot ispiravano al pubblico una sempre maggior avversione. Ogni giorno nelle vie di Alca, ne venivano accoppati due o tre: uno di essi fu pubblicamente fustigato, un altro gettato nel fiume; un terzo, spalmato di catrame e cosparso di piume, fu trascinato per la città tra i motteggi della folla; un altro ancora ebbe il naso tagliato da un capitano dei dragoni.

Non osavano più uscire, andare al tennis o alle corse; per recarsi in Borsa, si travestivano. Date le circostanze, parve urgente al principe dei Bosceni frenare la loro audacia e reprimerne l’insolenza. A tale scopo egli fondò, insieme con il conte Cléna, il signor de la Trumelle, il visconte Oliva e il signor Bigourd, una grande associazione degli antipyrotisti a cui migliaia di cittadini, intere compagnie di soldati, reggimenti, brigate, divisioni, corpi d’armata, città, distretti e province diedero la loro adesione.

In quello stesso periodo circa, il ministro della guerra, recandosi presso il suo capo di stato maggiore, vide con sorpresa che la vasta stanza dove lavorava il generale Panther, un tempo spoglia, portava ora su ogni lato tre o quattro file di cartelle di tutte le dimensioni e di tutti i colori, affastellate dal pavimento fino al soffitto.

Sembrava un deposito improvvisato e mostruoso, che in pochi giorni avesse raggiunto il volume di un archivio secolare.

«Che cos’è tutto questo?» domandò il ministro stupefatto.

«Prove contro Pyrot», rispose con patriottica soddisfazione il generale Panther. «Quando l’abbiamo condannato non le avevamo; le abbiamo raccolte dopo».

Attraverso la porta aperta, Greatauk vide giungere dal pianerottolo della scala una lunga fila di facchini che depositarono nella stanza il loro carico di carte mentre si udiva l’ascensore scricchiolare sotto il peso di altri documenti. «Ma che succede?» chiese.

«Le prove contro Pyrot continuano ad arrivare», rispose Panther. «Ne ho richieste in ogni angolo della Pinguinia, presso tutti gli stati maggiori e le corti d’Europa, ne ho ordinate in tutte le città d’America e d’Australia, e nelle fattorie dell’Africa. Ne attendo un carico da Brema e uno da Melbourne».

E Panther volse verso il ministro lo sguardo tranquillo e radioso di un eroe. Intanto Greatauk, il monocolo sull’occhio, osservava con soddisfazione ma anche con una certa inquietudine, l’ammasso di carte.

«Ben fatto», disse, «ben fatto! Ma temo che ciò finirebbe col complicare troppo il caso Pyrot. Era così limpido! Il suo valore stava proprio nella sua trasparenza. Impossibile scorgervi, sia pure con la lente, una macchia, una falla, una minima imperfezione. Nel momento in cui uscì dalle mie mani esso era chiaro come il sole. Vi ho dato una perla e ne avete fatto una montagna. Per dirla in breve, temo che abbiate esagerato. Prove! È certamente bene avere delle prove, ma forse è meglio non averne. Ve l’ho già detto, Panther, vi è una sola prova inconfutabile, la confessione del colpevole (o dell’innocente, poco importa!) Così come l’avevo creato io, l’affare Pyrot non si prestava ad alcuna critica; inattaccabile da qualsiasi punto, sfuggiva ai colpi; era invulnerabile, perché invisibile. Ora invece offre presa alla critica. Vi consiglio, Panther, di servirvi con cautela di tutto questo materiale.



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