Le canzoni che mi insegnava mia madre by Marlon Brando & Robert Lindsey

Le canzoni che mi insegnava mia madre by Marlon Brando & Robert Lindsey

autore:Marlon Brando & Robert Lindsey [Brando, Marlon & Lindsey, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2021-06-29T00:00:00+00:00


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Devo a Wes Mickler uno dei migliori insegnamenti che un attore possa ricevere: mai fidarsi di un cavallo, perché non ne troverai mai uno intelligente. Appoggiato allo schienale della sua sedia, a Libertyville, mi lanciava spesso una di quelle sue lunghe occhiate furbe e mi spiegava che tutti i cavalli sono stupidi. Aveva ragione. Non ne ho mai incontrato uno intelligente. Ma ho anche conosciuto molti cavalieri sciocchi, compreso me. Ho avuto modo di constatare che la cosa peggiore per un attore che sta girando un western è trovarsi in sella a un cavallo al galoppo mentre un gruppo di altri cavalli lo insegue da vicino. Tu non puoi vedere loro e loro non possono vedere te. A causa della polvere la visibilità è ridotta a meno di due metri e, se qualcosa va storto, i cavalli che ti inseguono finiranno per travolgerti. In una scena del film Giulio Cesare dovevo condurre un esercito attraverso un campo di battaglia; ma a un certo punto la linguetta di una scarpa mi si incastrò in una staffa. Mi chinai per cercare di staccarla, ma non riuscivo a raggiungerla, decisi quindi di lasciar perdere e di riprovarci quando la scena fosse terminata. Decisione poco intelligente. Dopo aver cavalcato piuttosto a lungo, mi voltai e vidi che gli altri cavalli stavano galoppando a tutta velocità verso di me, scalciando e saltando, nel tentativo di disarcionare i cavalieri; alcuni si stavano addirittura rotolando sul terreno. Cercai di incitare il mio cavallo a correre, ma, visto che avevo il piede bloccato, mi era impossibile riuscirvi, se non con alte grida nervose. Il cavallo non aumentava la velocità, io non riuscivo a togliermi dalla traiettoria degli inseguitori e solo per un miracolo non caddi proprio davanti al branco in corsa, ancora con il piede bloccato nella staffa. Istintivamente abbassai la testa, mentre i cavalli mi sorpassavano a tutta velocità e io mi chiedevo che cosa fosse avvenuto. Solo dopo venni a sapere che avevo calpestato un nido di calabroni e che questi si erano vendicati sui cavalieri e sui cavalli che mi seguivano.

Durante Viva Zapata! dovevo girare una scena nella quale quattro uomini a cavallo, che mi tenevano prigioniero, avanzavano al galoppo lungo una strada e, all’improvviso, si trovavano di fronte un gruppo di soldati a me fedeli. L’uomo che teneva il mio cavallo, un grosso stallone dal collo possente, avrebbe dovuto lasciar andare le redini perché aveva compreso che stava per essere ammazzato; a quel punto, io dovevo scappare, allontanandomi di corsa lungo la strada. Ma i quattro uomini, facendo girare i propri cavalli per osservare i soldati, bloccarono la strada davanti a me e il mio cavallo li travolse. Durante un’altra scena di quel film una comparsa doveva avvicinarsi a cavallo, scendere con un balzo e consegnarmi un messaggio importante. Wes Mickler mi aveva avvertito che, quando cammini dietro a un cavallo che non conosci, devi sempre restargli molto vicino, in modo che non possa allungarti un calcio. Se cammini entro il raggio esterno dei suoi zoccoli, l’animale è in grado di sferrarti un calcio terribile.



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