Cinema western by Alberto Crespi

Cinema western by Alberto Crespi

autore:Alberto Crespi [Crespi, Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Treccani
pubblicato: 2024-03-07T23:00:00+00:00


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L’Italia e la nuova frontiera della violenza

Si sono girati western in parecchi paesi del mondo, dalla Germania (il ciclo di Winnetou ispirato ai romanzi di Karl May) al Giappone (Sukiyaki Western Django, Takashi Miike, 2007: davvero un bel titolo, il film è così così), per arrivare persino all’Unione Sovietica con l’interessante Čelovek s bul’vara Kapucinov (“L’uomo del Boulevard des Capucines”, Alla Surikova, 1987) che raccontava l’arrivo dell’invenzione dei fratelli Lumière nel West alla fine dell’Ottocento. Ma solo in due paesi europei il western divenne un genere prolifico, di enorme successo e di forte connotazione politica. Uno, lo sappiamo bene, fu l’Italia. L’altro, ed è una storia che non conosce (quasi) nessuno, fu la RDT, la Repubblica Democratica Tedesca. Raccontiamo brevemente la storia dei western della Germania Est per poi soffermarci sul filone italiano.

L’amore del pubblico tedesco per i western era legato all’opera di Karl May (1842-1912), una sorta di Emilio Salgari teutonico autore di numerosi romanzi di ambientazione esotica. May aveva imperniato quasi tutta la sua narrativa western su un eroe nativo americano, il guerriero apache Winnetou. Diversi film tedeschi (dell’Ovest) ispirati ai suoi libri uscirono anche in Italia, come Der Schatz im Silbersee (Il tesoro del lago d’argento, Harald Reinl, 1962), Winnetou - 1. Teil (La valle dei lunghi coltelli, Harald Reinl, 1963) e Winnetou - 2. Teil (Giorni di fuoco, Harald Reinl, 1964). Quest’ultimo film vanta un cast pazzesco: i protagonisti, nei panni di Winnetou e del suo amico bianco Old Shatterhand, sono come sempre il francese Pierre Brice e l’americano Lex Barker; ma in ruoli di contorno troviamo l’italiano Mario Girotti (futuro Terence Hill), il tedesco Klaus Kinski e lo jugoslavo Gojko Mitić, del quale parleremo fra poco. Dopo la fine della guerra i libri di May furono banditi o comunque rimossi nella RDT, perché tra i suoi fan c’era Adolf Hitler (anche Albert Einstein, a dire il vero) e alcuni film a lui legati erano stati prodotti anche durante il nazismo. Ma l’amore per le vicende dei nativi americani continuava a essere forte nelle due Germanie, più che in ogni altro paese al mondo. E Gojko Mitić, che nei western “occidentali” era poco più di un caratterista, divenne il divo western della RDT. La DEFA, la compagnia di produzione statale della Germania Est, produsse numerosi western fra gli anni Sessanta e Settanta, girandoli per lo più in Jugoslavia o, talvolta, nei paesaggi desertici delle repubbliche asiatiche dell’URSS. Mitić era quasi sempre il protagonista, in ruoli di nativo americano. Anche alcuni di questi film uscirono in Italia: fu il caso di Die Söhne der großen Bärin (Cheyenne il figlio del serpente, Josef Mach, 1966) e di Spur des Falken (La vendetta dei guerrieri rossi, Gottfried Kolditz, 1968). Erano anni nei quali, in Italia, folle di ragazzi e di bambini si precipitavano a vedere qualunque western uscisse, senza nemmeno chiedersi se fossero americani, italiani… o tedesco-orientali! Ma forse la visione di questi film prepotentemente “filo-indiani” contribuì a formare spettatori di western sempre più politicizzati. Perché questo era il



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