Balzac e la piccola sarta cinese by Dai Sijie

Balzac e la piccola sarta cinese by Dai Sijie

autore:Dai Sijie [Sijie, Dai]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-10-08T22:00:00+00:00


Umettò di saliva il vecchio chiodo arrugginito trasformato in passe-partout, e questo penetrò silenziosamente nella serratura del lucchetto. Girò verso sinistra, poi verso destra, poi ancora verso sinistra, poi indietreggiò di un millimetro... e alle nostre orecchie risuonò uno scatto secco, metallico, e la serratura cedette.

Ci infilammo in casa di Quattrocchi, richiudendo subito la porta alle nostre spalle. Dentro era buio e non si vedeva granché; riuscivamo appena a distinguere le nostre sagome. Ma si percepiva un tale odore di partenza che ci sentimmo rodere dall'invidia.

Attraverso la fessura fra i due battenti diedi un'occhiata all'esterno: non c'era traccia di essere umano. Per motivi di sicurezza, per evitare cioè che gli occhi vigili di un eventuale passante notassero l'assenza del lucchetto sulla porta, spingemmo al massimo i due battenti verso l'esterno, scostandoli fino a consentire a Luo di passare una mano fuori, rimettere la catena al suo posto e richiuderla con il lucchetto.

Non pensammo, invece, a controllare la finestra, dalla quale contavamo di uscire una volta compiuto il furto. Il fatto è che quando la torcia elettrica si accese nelle mani di Luo rimanemmo letteralmente abbagliati: appoggiata sopra gli altri bagagli, quasi ci stesse aspettando, fremente dal desiderio di essere aperta, ci apparve nell'oscurità la valigia di pelle morbida, il nostro favoloso bottino.

«È fatta!» esclamai.

Mentre mettevamo a punto il nostro piano, nei giorni precedenti, eravamo arrivati alla conclusione che il successo di quella illecita intrusione dipendeva da una sola cosa: sapere dove Quattrocchi avesse nascosto la valigia. Come saremmo riusciti a trovarla? Luo aveva passato in rassegna tutti i possibili indizi e prospettato tutte le possibili ipotesi, e alla fine, grazie al cielo, aveva elaborato un piano che prevedeva categoricamente lo svolgimento delle operazioni durante il banchetto di addio. Era un'occasione davvero unica: per quanto astuta, la poetessa non aveva potuto, data l'età, sfuggire all'amore per l'ordine, e non avrebbe sopportato l'idea di dover cercare una valigia la mattina della partenza. Bisognava quindi che tutto fosse pronto in anticipo, tutto ben sistemato.

Ci avvicinammo alla valigia. Era legata con una grossa corda di paglia intrecciata, annodata in croce. La liberammo dai suoi legacci e la aprimmo in silenzio. Dentro, alla luce della torcia elettrica, si illuminarono sotto i nostri occhi pile di libri; i grandi scrittori occidentali ci accolsero a braccia aperte: in testa a tutti il nostro vecchio amico Balzac, con cinque o sei romanzi, e poi Victor Hugo, Stendhal, Dumas, Flaubert, Baudelaire, Romain Rolland, Rousseau, Tolstoj, Gogol', Dostoevskij, e qualche inglese: Dickens, Kipling, Emily Brontë...

Rimanemmo abbagliati. Io avevo l'impressione di venir meno, ero come in preda all'ebbrezza. Tirai fuori i libri dalla valigia a uno a uno, li aprii, contemplai i ritratti degli autori, e li passai a Luo. Mi sembrava, a toccarli con la punta delle dita, che le mie mani, diventate pallide, fossero in contatto con delle vite umane.

«Mi ricorda la scena di un film,» disse Luo «quando i banditi aprono una valigia piena di soldi...».

«Non ti viene da piangere dalla gioia?».

«No. Provo soltanto odio».

«Anch'io. Odio tutti quelli che ci hanno proibito questi libri».



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