Violenza alle donne by unknow

Violenza alle donne by unknow

autore:unknow
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Studi e Ricerche
ISBN: 9788815339096
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2018-09-14T22:00:00+00:00


2.3. “Monacazione forzata” come mezzo di esclusione dall‘eredità

Non sono rare le suppliche rivolte da ex monache al papa per ottenere l’autorizzazione a rivendicare il diritto alla loro parte dell’eredità di cui si voleva privarle con la “monacazione forzata”. Del destino di Magdalena Payer, de nobili genere, mandata nel convento di Münsterlingen abbiamo già trattato e così di altri casi simili[51]. Theodorica, figlia dodicenne di un borgomastro nella diocesi di Utrecht, fu condotta nel convento dalla matrigna, «habens aliam filiam, quam diligebat plus quam illam», a suon di botte. Per ben due volte la fanciulla scappò durante l’anno di prova, ma vi fu riportata dalla matrigna che la costrinse a emettere la professione nel corso di quell‘anno. Theodorica chiese dal papa espressamente «di poter rimanere al secolo e partecipare all’eredità»[52]. Anche Helisabeth Bumenney motivò la supplica con i suoi interessi finanziari. Dopo la morte del padre dismise l’abito domenicano e rivendicò la sua parte d’eredità per potersi sposare[53]. La Penitenzieria decideva in tutti questi casi nel consueto senso formale, trasmettendo la littera per il controllo dei fatti al rispettivo ordinario.

Affidando una fanciulla a un convento, come abbiamo detto, i genitori pagavano di norma per la oblatio un “importo d’ingresso”[54]. Quando la stessa persona in seguito lasciava l’ordine, chiedendone la restituzione, nessuna badessa acconsentiva volentieri a tali richieste. Per vincere le resistenze, le donne interessate cercavano sostegno a Roma. Elisabeth Remeltin di Pfaffenhausen, nella diocesi di Strasburgo, affidata contro la sua volontà alle clarisse di Strasburgo, aveva emesso la professione. Dopo aver lasciato il convento, sposò Johannes Mor di Francoforte ed ebbe dei figli. Andò di persona a Roma per chiedere alla Penitenzieria di confermare la validità del matrimonio con una littera declaratoria. Presso la curia se ne sarebbe occupato il penitenziere minore Dominicus di Ancona[55], e già da questa particolarità emerge che in patria aveva trovato resistenza. Pertanto tre giorni dopo Elisabeth fece domanda alla Penitenzieria per avere un’ulteriore lettera[56] che avrebbe dovuto affidare al vescovo di Strasburgo Wilhelm von Honstein (1506-1541)[57], in quel momento presente presso la curia, al vescovo di Ascoli e all’ufficiale dell’arcivescovo di Magonza il compito di ricorrere a tutti i mezzi legali, compreso il braccio secolare, per far valere la richiesta di Elisabeth.

Già in altra sede ho esaminato i processi di Barbara Zimmermann di Archshofen nella diocesi di Würzburg[58]. In tutti i casi esaminati le donne chiedevano la lettera della Penitenzieria perché volevano vedere confermati dalla curia romana i loro diritti alla parte loro spettante del patrimonio familiare e assicurarsi la legittimità di un matrimonio contratto o ancora da contrarre dopo l’apostasia avvenuta.



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