Senesi Vauro - 2013 - Storia di una professoressa by Senesi Vauro

Senesi Vauro - 2013 - Storia di una professoressa by Senesi Vauro

autore:Senesi Vauro [Senesi Vauro]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Biography & Autobiography, General
ISBN: 9788858509531
Google: xbgNAgAAQBAJ
editore: Edizioni Piemme
pubblicato: 2013-11-11T23:00:00+00:00


“È garbato anche mentre dorme” penso divertita ascoltando nel buio il respiro di Edoardo disteso accanto a me. Non russa, non emette rantoli. Respira piano, come un bambino. “Sembra che abbia paura di disturbarmi.” Io però non sto dormendo. Ho gli occhi spalancati nell’oscurità della stanza. Abbiamo fatto l’amore. “Anche quando facciamo l’amore, ho l’impressione che Edoardo abbia paura di disturbarmi.” Tanta delicatezza ma mai un impeto. “Respira come un bambino anche mentre facciamo l’amore.” Le sue carezze sono talmente leggere che svaniscono subito. Già adesso non sento più sulla pelle la traccia dei suoi abbracci. Né nella mente l’eco dei suoi sussurri. Solo tenerezza. Una evanescente piccola nuvola di tenerezza che evapora rapidamente.

Il sonno invece è lento ad arrivare. Si impiglia in pensieri sparsi. Ugo, Vincenzo, Elisa… Pina. L’immagine delle gote paonazze di Pina incaglia il sonno in una secca di rabbia. “Ha un bel dire, Elisa. Quella donna io proprio non la sopporto” mi ripeto. Eppure, mentre cerco soddisfazione proiettandomi la scena di lei che se ne va indignata con il suo sederone ballonzolante, ecco che mi sfiora un refolo imprevisto di pena. “Poveretta” mi sorprendo a pensare. “Forse non sa dare amore perché non è capace di riceverne.” La rabbia scompare, sostituita da un sottile rimorso per come l’ho aggredita a scuola. “Però se l’è cercata” mi giustifico con me stessa. “Come fa a dire le cose che ha detto dei ragazzi, di Ugo? È una stronza.” Soffio invano sulle ceneri della rabbia nel tentativo di ravvivarne le braci, perché brucino questo fastidioso senso di colpa. Cerco di immaginare Pina fuori dalla scuola. A casa, alla Standa dove aveva tanta fretta di andare… Con suo marito. “Se ce l’ha. Ma chi la può sopportare una così?” La casa di Pina non ha un mobile, non ha nemmeno finestre da cui ci si possa affacciare. Solo pareti smorte come il grigio del suo tailleur. E la Standa… Anche la Standa è vuota, scaffali e scaffali di niente. La vedo spingere un carrello, vuoto anche quello, nei corridoi del grande magazzino deserto. Tento di mettere a fuoco un marito, un compagno, che so, un amico… Ma non riesco a vedere altro che un’ombra indistinta. Potrebbe anche essere soltanto la sua. L’unica cosa che la accompagna. Mi affretto a spegnere il proiettore delle mie fantasie, spaventata dalla grande solitudine che ho visto. Provo pena per lei e un po’ anche per me, perché mi accorgo che un briciolo della solitudine che ho immaginato è anche la mia.

Ora il sonno avanza a bagnarmi le palpebre. Le socchiudo piano piano. Lancio un’ultima occhiata distratta alla sottilissima lama di luce che lampeggia dalla fessura sotto l’anta della finestra chiusa. C’è un albergo quasi di fronte a casa. Ha un’insegna al neon intermittente. La prima volta che l’ho vista mi ha colpita. “Le insegne intermittenti di solito ce le hanno i night-club, i casinò” ho pensato. “Non gli hotel.” Così mi sono fatta la strana idea che sia un albergo a ore. Un po’ come quello dove mi ero rifugiata con Osvaldo.



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