Satori by Don Winslow

Satori by Don Winslow

autore:Don Winslow
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2011-03-17T23:00:00+00:00


Il viaggio richiese venti minuti.

Nikolaj usò il tempo tentando di recuperare le proprie energie. Era esausto - lo sforzo necessario per strappare la sedia dal pavimento aveva esaurito il suo ki e adesso non sapeva se aveva ancora l'energia necessaria per eseguire il colpo perfetto e uccidere silenziosamente Vorošenin, tanto meno quella per fuggire.

Capiva anche che le emozioni avevano consumato le sue forze. Il terrore della camera di tortura, lo sforzo per mantenere l'autocontrollo, l'orrore dell'agonia di Chen, il sincero dolore per la sua morte - tutto gli era costato. Per la morte di Kang e dei suoi tre uomini, Nikolaj non provava il minimo rimorso.

Se i buddisti avevano ragione, Kang avrebbe trascorso molto tempo nel bardo, una sorta di limbo fra la morte e la rinascita, prima di tornare sulla terra per una vita di sofferenza.

Adesso Nikolaj si concentrò sul proprio respiro, sul tentativo di recuperare le forze. Le sentì tornare lentamente, ma il vero problema era se sarebbero tornate in tempo e in misura sufficiente.

La macchina arrivò al teatro.

"Prosegui per un altro isolato," ordinò Nikolaj.

L'autista proseguì, poi accostò. Nikolaj mise giù la pistola e colpì l'autista con uno shuto alla base del cervello. Mentre l'autista cadeva morto sul volante, Nikolaj uscì dalla macchina e si diresse allo Zhengyici.

Una guardia all'ingresso lo fermò.

"Mi chiamo Guibert," disse Nikolaj. "Sono ospite del compagno Vorošenin." "Lo spettacolo è quasi finito." "Sono stato… impegnato altrove," rispose Nikolaj facendo scorrere l'indice avanti e indietro nella V formata con l'altra mano.

La guardia ridacchiò. "Entri pure." Nikolaj entrò nell'atrio, che era quasi deserto. Rammentando la pianta del teatro, trovò rapidamente le scale, salì e percorse il corridoio. Due delle guardie del corpo di Vorošenin erano appoggiate alla parete davanti al suo palco. Si raddrizzarono vedendo Nikolaj e una di esse infilò la mano nella giacca.

Ora, pensò Nikolaj, o Vorošenin ha tenuto le sue carte ben vicine al petto o io sono un uomo morto. Andò verso le guardie e alzò le mani come a dire: "Che cosa volete fare?" La guardia senza pistola era lenta. Tastò Nikolaj dalle ascelle alle caviglie, non trovò niente e aprì la porta del palco.

La luce fece voltare Jurij Vorošenin.

Benché fosse buio, Nikolaj vide la sorpresa nei suoi occhi. È giusto, pensò, io dovrei essere morto. Superò la guardia in piedi all'interno della porta e si sedette accanto a Vorošenin.

"Mi spiace di essere in ritardo," sussurrò.

In russo.

Sul palcoscenico, lo sheng, illuminato da una lampada rossa, col volto diviso verticalmente in bianco e nero, pronunciava un discorso lamentandosi di aver perso una battaglia. La recitazione era splendida, ogni sillaba al suo posto.

Prima che Vorošenin potesse reagire, Nikolaj aggiunse: "Sono stato irresistibilmente trattenuto".



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