Res furtivae by Frunzio Marina

Res furtivae by Frunzio Marina

autore:Frunzio, Marina. [Frunzio, Marina]
La lingua: ita
Format: epub
editore: G. Giappichelli Editore Srl
pubblicato: 2018-01-18T00:00:00+00:00


4. La reversio nella lex Atinia

E veniamo al problema di chiarire se la lex Atinia abbia contemplato la reversio in potestà al derubato o solo al proprietario 101. Sappiamo che la testimonianza più illuminante, per noi, è di Paolo, allorché il giurista accenna a quella che ai suoi tempi è l’interpretazione diffusa della reversio, nel senso di rientro nella potestas domini. Riteniamo indispensabile rileggere le sue parole.

D. 41.3.4.6 (Paul. 54 ad ed.): Quod autem dicit lex Atinia, ut res furtiva non usucapiatur, nisi in potestatem eius, cui subrepta est, revertatur, sic acceptum est, ut in domini potestatem debeat reverti, non in eius utique, cui subreptum est. rell.

Una lettura serena del passo induce a concludere che la reversio in potestatem domini rappresenti, come abbiamo già verificato, il risultato di un’interpretazione del testo della lex Atinia, non essendo mancata l’opinione di chi, 102 lo abbiamo già detto, ha ritenuto di dover ascrivere tale innovazione a Labeone, espressamente richiamato da Paolo nel paragrafo successivo 103.

D. 41.3.4.7 (Paul. 54 ad ed.): Labeo quoque ait, si res peculiaris servi mei subrepta sit me ignorante, deinde eam nanctus sit, videri in potestatem meam redisse: rell.

Ora, si tratta di chiedersi se, quando la lex Atinia ha parlato di reversio in potestatem eius cui subreptum est (secondo quanto riferitoci da D. 41.3.4.6) abbia inteso riferirsi al derubato, ancorché non proprietario, o, ellitticamente a quest’ultimo, riguardato come il soggetto derubato per eccellenza. Chiariamo subito che tale interrogativo non ha possibilità di sciogliersi alla luce delle fonti. Possiamo solo tentare di abbracciare l’una o l’altra soluzione che appaia la meno insoddisfacente. In via preliminare avvertiamo pure che la dottrina ha quasi del tutto ignorato il nostro problema, ritenendolo, e non senza ragione, superato dalla circostanza per cui nella giurisprudenza classica univocamente si parla di reversio ad dominum. Da parte nostra, intanto, non nascondiamo la forte tentazione di immaginare che dietro i termini alquanto vaghi adoperati “verisimilmente” dalla legge Atinia (… nisi in potestatem eius cui subreptum est revertatur, recitati da Paolo), si possa nascondere un’ellittica reversio ad dominum 104. Infatti quest’ultima implica una tutela della proprietà che va oltre la posizione di chi sia stato materialmente leso dall’illecito, difesa che appare implicita nello stesso divieto assoluto di usucapione desumibile dalla medesima legge. Le considerazioni, cioè, che possono aver determinato la giurisprudenza ad insistere sulla necessità della reversio ad dominum, sono identiche a quelle presumibilmente sottese, se non ci inganniamo, all’introduzione del generale divieto di usucapire le res furtivae per ogni avente causa dal ladro.

Al che si potrebbe obiettare, da un lato che ingiustificato apparirebbe il linguaggio legislativo che pretendesse di rivolgersi al proprietario quando la lex Aquilia, per citarne una, aveva, molto tempo prima dell’Atinia, riferito esplicitamente all’erus la legittimazione attiva all’azione da essa introdotta; dall’altro, che il furto non si configura a Roma come lesione del diritto di proprietà, ma del possesso, tanto che non si dubita circa l’ammissibilità del furtum rei suae 105.

Quanto al primo punto, possiamo osservare come l’argomentazione di tipo formale per cui nella legge Atinia non si parla espressamente di proprietario ma di derubato non è di per sé decisiva.



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