Pasolini contro Calvino by Carla Benedetti

Pasolini contro Calvino by Carla Benedetti

autore:Carla Benedetti
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2022-08-16T00:00:00+00:00


Come fare a sconfiggere non gli autori ma la funzione dell’autore, l’idea che dietro ogni libro ci sia qualcuno che garantisce una verità a quel mondo di fantasmi e d’invenzioni per il solo fatto d’avervi investito la propria verità, d’aver identificato se stesso con quella costruzione di parole? [...] Ermes Marana sognava una letteratura tutta d’apocrifi, di false attribuzioni, d’imitazioni e contraffazioni e pastiches. Se quest’idea fosse riuscita a imporsi, se un’incertezza sistematica sull’identità di chi scrive avesse impedito al lettore d’abbandonarsi con fiducia, – fiducia non tanto in ciò che gli viene raccontato, quanto nella voce silenziosa che racconta, – forse esternamente nell’edificio della letteratura non sarebbe cambiato nulla ... ma sotto, nelle fondamenta, là dove si stabilisce il rapporto del lettore col testo, qualcosa sarebbe cambiato per sempre?37

L’effetto di apocrifo potrebbe allora essere considerato una «figura dell’autore»: così come ci sono figure di parole e figure di pensiero, esiste una figura della comunicazione letteraria che riguarda il rapporto tra lettore e autore. L’effetto di apocrifo è una sorta di aversio dal locutore, che modifica la relazione tra lettore e autore mediata dall’opera. La modifica appunto nella direzione prefigurata da Marana: in superficie non cambia nulla, ma nelle fondamenta, laddove da sempre fluisce quella metacomunicazione silenziosa tra il lettore e il testo, qualcosa muta profondamente. Laddove leggeva fiducioso i segni quieti dell’individualità dello scrittore, il lettore sa ora riconoscere la «parte»: l’ironia, lievemente intinta di nevrosi, di una voce solamente menzionata, non usata.

L’effetto di apocrifo è la tendenza e il sogno di una vasta fetta della produzione tardomoderna. Ed è sogno perché non si realizza tanto facilmente: il lettore a fatica si discosta dall’idea che la voce che gli parla sia, al di là di tutti gli stratagemmi adottati, proprio la voce dell’autore. Per quanto carichi la propria voce, per quanto adotti voci mutevoli e non sue, dunque voci inautentiche, una certa identità autoriale viene comunque proiettata dall’opera, se non altro, come dice Calvino, perché è proprio da questi stratagemmi che «si riconosce che è lui». Che si riconosce cioè un autore rassegnato all’epigonalità, imprigionato malinconicamente nel labirinto di cristallo di una letteratura autoreferenziale, fiaccata dal suo stesso peso.

Ma quell’utopia è in sé significativa. È la spia della non-morte dell’autore, del suo sopravvivere in immagine, e del bisogno degli scrittori di alleggerire la morsa dell’autorialismo. Una fitta metacomunicazione si svolge, attraverso le opere, tra autore e lettore: una metacomunicazione che verte sulla posizione che l’autore assume nell’universo letterario nei confronti di ciò che si è scritto finora e di come lo si è scritto, nei confronti della totalità del fare artistico, passato e presente, reale e possibile, di quello effettivamente scelto dall’autore e di quello che invece ha scartato. L’effetto di apocrifo non spezza questo circolo di rimandi differenziali, semplicemente lo complica, mescolando «tanti fantasmi illusori» all’immagine univoca dell’autore, secondo il principio del caleidoscopio già illustrato dal protagonista del capitolo settimo di Se una notte d’inverno. E anche questa è la spia che il cosiddetto postmoderno non costituisce affatto



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