Non tutto è scritto nel DNA by Gianvito Martino & Jacopo Lo Grasso

autore:Gianvito Martino & Jacopo Lo Grasso [Martino, Gianvito & Grasso, Jacopo Lo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-02-07T12:00:00+00:00

La causalità discendente

Come ampiamente discusso nei precedenti capitoli, la visione novecentesca era riuscita a fondare l’unità delle scienze sotto un paradigma riduzionista definendo la morfogenesi dei caratteri nei termini di un processo puramente geometrico-strutturale grazie ad alcune fasi di riduzione. In primis, i caratteri biologici erano stati ridotti all’azione deterministica delle proteine. A loro volta, le proteine erano state ridotte causalmente all’azione di sintesi dei geni. Infine, si era ritenuto che l’azione di sintesi dei geni fosse completamente determinata, e quindi riducibile, all’informazione contenuta nel DNA. Ora, se valutiamo questo percorso di riduzione in seno all’epigenetica non possiamo fare a meno di notare una certa continuità di vedute. Infatti, i primi passaggi di riduzione (quelli in cui si fanno discendere causalmente i caratteri dalle proteine e le proteine dall’azione dei geni) sono pienamente rispettati dalla nuova visione scientifica. Lo ribadiamo: nella biologia del XXI secolo i caratteri sono ancora il prodotto dell’azione delle proteine e le proteine sono ancora il prodotto dei geni.

Ciò che l’epigenetica nega, invece, è l’ultimo passaggio compiuto dai genetisti del Novecento: la riduzione dell’azione dei geni alla struttura lineare del DNA. In altri termini, per le attuali scienze della vita, le sequenze nucleotidiche di cui è composto il DNA non potranno mai né spiegare né determinare completamente la sintesi proteica, poiché all’origine delle proteine vi sono i meccanismi di regolazione epigenetica che non si fondano (soltanto) sui geni, ma dipendono ampiamente dagli stimoli esterni. Pertanto, per valutare se vi siano o meno delle conseguenze sul piano del riduzionismo, dobbiamo analizzare se tra gli stimoli ambientali che controllano la morfogenesi sia rispettato o meno il criterio centrale di questo paradigma: l’esclusione delle cause e delle spiegazioni discendenti. In altre parole, la teoria epigenetica della morfogenesi sarà una teoria riduzionista soltanto nel caso in cui tra le nuove forze e le nuove spiegazioni introdotte non vi siano né spiegazioni né forze di tipo discendente. I fenomeni posti nei livelli di organizzazione superiore dovranno sempre essere determinati causalmente e, quindi, spiegabili epistemicamente da fenomeni posti a livelli di organizzazione inferiore. Infatti, come il neodarwinismo decade qualora vi siano delle forze esterne coinvolte nella morfogenesi, allo stesso modo il riduzionismo crolla se vi sono delle catene causali ed esplicative che discendono i livelli di organizzazione.

Ora, se osserviamo le forze esterne e le spiegazioni ambientali finora discusse, sembrerebbe che l’epigenetica sia perfettamente compatibile con il riduzionismo. In effetti, sia nel caso della nutrizione, sia in quello dell’inquinamento, sia per quanto riguarda l’esercizio fisico e l’obesità non sembra affatto difficile concepire queste forze esterne in termini molecolari. Le sostanze nutritive e le sostanze inquinanti, dopotutto, non sono altro che molecole che agiscono su dei recettori, che danno inizio a dei percorsi biochimici che generano le modifiche epigenetiche. Analogamente, anche l’obesità o la quantità di esercizio fisico sono delle forze ambientali che possiamo, più o meno facilmente, considerare riducibili a certi pattern molecolari. Pertanto, la catena causale di uno stimolo ambientale così fatto è esattamente come vorrebbe un fisico o un chimico: non vi sono altro che delle molecole che agiscono in modo geometrico-strutturale con altre molecole.

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