L'Umberto by Aurora Lussana

L'Umberto by Aurora Lussana

autore:Aurora Lussana [Lussana, Aurora]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2024-03-29T12:00:00+00:00


Il fondamento della vita non è l’economia, non siamo soltanto un accidente del caso, un ammasso di molecole. E la politica deve corrispondere come espansione pubblica a questa aspirazione. Con la radicalità dei nativi: la terra non mi appartiene perché sono io che appartengo alla terra! Il Nord va difeso come una sacra abbazia, non è mica solo un luogo per scambiare le merci. Perché la Padania come la Mezzaluna fertile è innanzitutto culla di civiltà. Perché il movimento politico, seppur espressione della corporeità, è invece in cerca della metafisica.

E Bossi ama stare in mezzo agli allevatori. Oggi parla con orgoglio dei figli che allevano capre nella loro azienda agricola denominata Tera Nostra. Così terreni ma così vicini alla trascendenza della natura. Quegli allevatori sono persone autentiche e anche se sono pronte alla rivolta, a quel presidio di Linate, c’è chi porta in dono ai ribelli cibo e anche bottiglie di grappa. Anche tra chi è pronto alla resistenza a oltranza c’è voglia di fare qualche battuta, di sorridere insieme. Sì, una battuta che sdrammatizza e che unisce ancora di più quel popolo. Sentono che Bossi è il capo di un partito che a differenza degli altri politici non appare come un funzionario ma come uno di loro. Basta davvero una battuta sanguigna, popolare, da bar e si crea un’intesa. La Lega, nata negli anni nei quali la capacità espressiva e mobilitante della sinistra si stava ormai ripiegando su sé stessa, ha interpretato il bisogno di comunità. Anche se è rappresentata da un simbolo guerriero, dai toni bellicosi di Bossi, da iniziative fortemente politicizzate, in realtà ha saputo attrarre fedeli attraverso esperienze gioiose a volte eccitanti. Il cerimoniale liturgico del movimento cementa da sempre il senso dello stare insieme e la voglia di condivisione. I viaggi in pullman, i gesti goliardici, i riti collettivi, i raduni, le scritte di notte, gli striscioni da inventare, i cori e i canti a metà tra trasferte calcistiche e raduni alpini, gli scherzi, gli adesivi da appiccicare ovunque, l’iconografia che rimanda all’iconoclastia del pentapartito.

A Pontida, negli anni Novanta, si gioca, si tirano le palle contro i barattoli che raffigurano i potenti. Si vendono le mutande «Profondo Nord» e il profumo «Dür», perché ci si deve divertire insieme. Che scalpore quando i leghisti imitano la Zecca dello Stato e inventano le «leghe», una moneta coniata in due tagli: da 1 e da 5. Su un lato è riportata l’effige di Alberto da Giussano con la scritta «Repubblica del Nord, Lombardia libera», sul verso è riprodotto il simbolo rappresentato da un nodo. E poi T-shirt ironiche e i cappellini dell’esercito federale nordista – anche se in realtà erano quelli del Sud, i confederali che volevano la secessione. Spensieratezza e trasgressione.

L’oggettistica leghista è ormai da collezione e rimanda al bisogno tribale di identità come per gli eserciti o per gli ordini religiosi. E poi la produzione dei passaporti padani e la cartografia del Nord immaginato. Riti e inni, come la potenza impetuosa dei cori «Umberto, noi siamo,



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