L'Immorale by Enrico Annibale Butti

L'Immorale by Enrico Annibale Butti

autore:Enrico Annibale Butti [Butti, Enrico Annibale]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2009-05-28T22:00:00+00:00


V.

Il lago tetro e nero simile a una gran pozza di pece stagnante, tra le forme indecise dei monti, mandava dei foschi riflessi. Sotto gli obliqui raggi della luna, già al tramonto, Como, nell’anfiteatro basso de’ suoi colli, scintillava per una infinità di lumi, e pioveva nell’acqua morta lunghe strisce d’oro a pena ondulate, che parevano, succedendosi regolarmente, un colonnato moresco, sostegno paradossale della città addormentata su i liquidi abissi. Le lontananze opposte, come annebbiate dalla luce lunare, disegnavano un paesaggio desolato tra le erte e chiuse pendici, che soltanto a lunghi tratti il malinconico luccicare di qualche lume perduto interrompeva.

Paolo e Fulvia eran già arrivati alla loro villa in Borgovico, una villa pallida e sontuosa, ereditata anch’essa dal cugino Rebeschi, e s’eran ritirati nelle loro stanze.

Paolo, solo, svestitosi degli abiti da viaggio e indossata una serica camicia da notte, nella trascurata eleganza, con cui si voleva presentare nella camera di sua moglie, fumava alla finestra una sigaretta, gli sguardi smarriti nella notte. Ora si sentiva stanco e svogliato: quella spossatezza che assale coloro i quali, dotati d’eccessiva imaginazione, àn troppo a lungo stancato con essa un desiderio, s’impadroniva di lui proprio nel momento in cui era presso a sodisfarlo.

Ne’ suoi pensieri involontarî una sorda tristezza ondeggiava. Egli non ne poteva trovare la cagione, poiché questa era appunto laddove egli meno lo sospettava: nella sicurezza del prossimo e inevitabile sodisfacimento. Ancora: l’imprevedibilità degli episodî, omai imminenti, di quella notte tanto sospirata (il primo entrare nella stanza di Fulvia, le prime parole, come si sarebbe appressato a lei, come l’avrebbe posseduta, come l’avrebbe lasciata, quel complesso di piccole scene, che si rappresentano ma non si posson preparare), deprimeva da un altro lato vie più il suo spirito, e gli toglieva ogni impulso per varcare la breve soglia ond’era da lei diviso. La facoltà d’amplificar le imagini delle impressioni, propria dei temperamenti lirici, aveva su di lui un potere dissolvente eccezionale: egli si trovava continuamente in balìa a un’alternativa incessante di speranze eccessive e di esagerati scoraggiamenti; le quali speranze lo accompagnavan costantemente fino al momento dell’azione, e gli scoraggiamenti lo assalivan quand’egli proprio si trovava nell’assoluta necessità d’operare. Così l’azione riusciva di solito fiacca o disordinata, e il più delle volte susseguiva a questa un abbattimento morale per l’insuccesso, dal quale non si poteva riavere che ideando altre e più fantastiche prove.

Allor che, anche senza suo merito, ma per il valido concorso delle circostanze, otteneva il successo preveduto,—per lo stupore s’abbandonava a un’esaltazione così iperbolica, che il suo pazzo amor proprio e la sua smodata ambizione lo riconducevan ben presto a maggiori e più acerbe delusioni. E questa disperata legge era stata la costante di tutta la sua vita!

Appoggiato al davanzale, la sigaretta ormai spenta tra le labbra aride, egli guardava in giro per il paesaggio notturno, ma spesso non s’accorgeva di vedere: solo di quando in quando la sensazione si faceva consciente, ed allora egli assorbiva da quella serenità una malinconia obliosa e indefinita, che gli dava un senso di



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