La breccia di Porta Pia by Hubert Heyris;

La breccia di Porta Pia by Hubert Heyris;

autore:Hubert, Heyris; [Heyriès, Hubert ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Intersezioni
ISBN: 9788815363022
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2020-08-15T00:00:00+00:00


Alcuni protestarono, denunciando la vigliaccheria e il tradimento del comando, facendo così del tenente colonnello Serra un capro espiatorio.

Nell’altro campo, la presa di Civitavecchia senza versamento di sangue venne percepita come una grande vittoria; il governo di Firenze ne fu profondamente sollevato e fece telegrafare il 16 settembre a Nino Bixio che «si congratula del felice risultato ottenuto mercé la prudenza e attività della S.V. e la lodevole condotta delle sue truppe»[54]. A partire dalle 11,05 del mattino del giorno stesso, appena saputo della capitolazione della città, il ministro italiano degli Affari esteri Emilio Visconti Venosta si affrettò a comunicarlo agli ambasciatori di Berlino, Londra, Madrid, Monaco, Parigi e Vienna: «Le nostre truppe sono entrate in Civitavecchia senza sparare un solo colpo di fucile»[55]. Il fatto d’armi tornava utile alla causa politica di un intervento che si voleva pacifico; dall’inizio della campagna questo argomento aveva costituito il perno della comunicazione italiana in Europa e, ormai, ogni atteggiamento prevenuto non poteva che decadere. Inoltre, le reazioni dell’opinione pubblica non erano state eccessive, dando prova di moderazione; così, il giornale dei democratici, «Il Diritto», il 18 settembre 1870 annunciava la notizia in una pagina interna e non nella prima, anche se riportava senza commento i dispacci telegrafici entusiasti del generale Bixio: «Ieri sera Civitavecchia ha festeggiato l’ingresso delle truppe italiane con illuminazione, canti e musiche per le vie, […] in tutti i modi quella popolazione si mostra entusiasta del nuovo ordine di cose»[56].

La campagna militare cominciata nella notte tra l’11 e il 12 settembre era stata veramente una passeggiata, senza una seria resistenza da parte dei pontifici. In due giorni, Viterbo, Civita Castellana, Monterotondo e Frosinone erano cadute. La periferia di Roma era stata raggiunta il mattino del 14 settembre, mentre la 2a divisione del generale Bixio aveva ottenuto la resa di Civitavecchia il 15 sera senza sparare un colpo e occupandola l’indomani. Era stata una vera svolta per la campagna militare; Firenze stava riuscendo nel suo «colpo di mano politico» senza quasi versare sangue italiano, potendo a questo punto legittimamente pensare che la comunità internazionale avrebbe riconosciuto il suo buon diritto a rendere la questione romana un affare interno, non una crisi internazionale. Ma ormai il papa e il suo Stato Maggiore generale, senza dimenticare gli zuavi che ardevano dal desiderio di battersi per un ideale e per fanatismo, non potevano più permettersi di arrendersi senza reagire. Per loro, la difesa di Roma appariva ancor più come l’ultima ridotta, l’ultimo atto di sacrificio, l’ultima occasione per trasformare il disastro militare, ineluttabile, in una vittoria morale e politica. Il rischio di vedere Pio IX presentarsi come vittima di un’aggressione militare agli occhi dell’opinione internazionale restava quindi ancora alto. Tutto sarebbe dipeso dallo svolgimento della conquista della città eterna.



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