Il Parlamento europeo by Nicola Lupo & Andrea Manzella

autore:Nicola Lupo & Andrea Manzella [Lupo, Nicola & Manzella, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
editore: LUISS University Press
pubblicato: 2024-02-14T09:23:55+00:00

10.3 il potere di governance economica

Quello che si è indicato come potere di co-disegno della governance economica ha essenzialmente come modello il ruolo che il Parlamento europeo ha svolto nella cosiddetta “legislazione della crisi”: le misure adottate dall’Unione per far fronte alla grave perturbazione economica che dal 2008 ha colpito i mercati mondiali e, con essi, il mercato comune europeo, rivelandone talune contraddizioni originarie. Un modello che si è ripetuto in occasione della ridefinizione dei caratteri di questa governance a seguito delle crisi successive, derivanti dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina.

Benché, come in ogni situazione di crisi, il compito immediato di apprestare difese sia stato assolto anzitutto dalle istituzioni di governo (e quindi, nel caso dell’Unione europea, dal Consiglio europeo, dal Consiglio dell’Unione, dalla Commissione), non si possono sottovalutare il ruolo svolto dal Parlamento europeo e anche la sua capacità di vedere al di là dei provvedimenti-tampone.

La politica economica dell’Unione e del suo mercato interno è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri (art. 3 TUE; art. 119 TFUE): ossia sul rispetto della stabilità dei prezzi, di finanze pubbliche e condizioni monetarie sane e di una bilancia dei pagamenti sostenibile. Dall’efficacia di questo coordinamento dipende la tenuta del governo dell’economia specie nell’Unione economica e monetaria, visto che senza di esso si accentua inevitabilmente l’asimmetria tra una politica monetaria accentrata nella BCE e una politica fiscale che resta affidata, al di là di tale coordinamento, a ciascuno degli Stati membri.

Per garantire tale governo dell’economia, il Parlamento europeo è associato al Consiglio dell’Unione per dettare le regole delle procedure di sorveglianza multilaterale (art. 121,6 TFUE). Su questa base giuridica Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione hanno approvato nuove regole di sorveglianza confluite negli “involucri normativi” conosciuti come “Six Pack” (2011) e “Two Pack” (2013), intrecciatisi con il cosiddetto “Fiscal Compact” (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e monetaria, firmato il 2 marzo 2012). Uno strumento giuridico, quest’ultimo, adottato nella forma di trattato internazionale essenzialmente per “dribblare” l’opposizione di due Stati: la Repubblica Ceca e, allora, anche il Regno Unito.

Con il “Six Pack” si è introdotta una più rigorosa applicazione del “Patto di stabilità e crescita”, che già dal 1997, a completamento e integrazione dei vincoli contenuti del Trattato di Maastricht, impegnava i Paesi membri a una situazione di bilancio vicina al pareggio e ad adottare le relative correzioni.

In particolare il “Six Pack” è imperniato su tre punti: l’obbligo per gli Stati membri di convergere verso l’obiettivo di pareggio di bilancio; l’obbligo per i Paesi il cui debito supera il 60 per cento del PIL di adottare misure per ridurlo in maniera soddisfacente; un semi-automatismo delle procedure per le sanzioni contro i Paesi che violano il patto (rafforzando la vigilanza della Commissione con il meccanismo della “maggioranza inversa”: le proposte sanzionatorie della Commissione si intendono però approvate se non sono respinte dal Consiglio con una maggioranza qualificata). Nel corso dell’esame del “Six Pack” il Parlamento europeo aveva chiesto che vi fosse inserita una strategia per la crescita e l’utilizzazione di criteri più flessibili nella valutazione del deficit.

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