Heidegger e la metafisica by Emanuele Severino

Heidegger e la metafisica by Emanuele Severino

autore:Emanuele Severino [Severino, Emanuele]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2020-11-18T23:00:00+00:00


CAPITOLO PRIMO

LA FILOSOFIA COME PROBLEMA

1. La tesi problematicistica non è una conquista recente del pensiero filosofico, e non vuole nemmeno esser tale. Gli stessi problematicisti amano rifarsi a posizioni classiche ove sia comparso il motivo problematico: trascendentalità dell’idea rispetto all’esperienza: attraverso Kant fino a Platone. Tale sensibilità storica è accompagnata dall’esigenza teoretica di valutare criticamente la filosofia nella sua storia al lume di quel motivo. Allora, innanzitutto, problematicismo in atto è tutta la storia del pensiero e, dato che il pensiero è pensiero della vita, è la vita stessa dell’uomo nelle sue forme più aurorali e più crepuscolari, più primitivamente giovanili e più riposate nella serenità della riflessione. E la vita si presenta come un essere dalle mille parole e dai mille volti, gli uni diversi dagli altri, gli uni contro gli altri.

Ma, ecco, ci siamo soffermati su questa vicenda, l’abbiamo pensata, la stiamo giudicando: incomincia così il problematicismo come suprema affermazione filosofica. Tale riflessione è favorita da una complessa situazione culturale: il pensiero, allargando smisuratamente la sua conoscenza dell’essere, non è più in grado di tener dietro alle sue conquiste, di numerare il suo immenso bottino, di esserne pieno e assoluto signore. Si aprono porte misteriose su orizzonti infiniti e gli uomini si accorgono di camminare su un mosaico senza limiti: disperano di poter vedere il disegno nella sua interezza. Ogni linea diventa una strada senza fine che se ne va via sempre più lontana, per la disperazione dei viandanti. La gioia dell’uomo che si sa padrone di inesausta ricchezza si tramuta in incertezza perché sa di non poter conoscere l’entità e il valore di tale ricchezza. D’altra parte l’uomo si conosce creatura del dolore, e conosce l’inutilità di ogni suo tentativo di rimedio. Il filosofo pronuncia allora l’ultima parola: un perenne gioire e un perenne lacrimare, trovare e riprendere, risolvere e riporre in discussione, cercare e non trovare mai. Il problematicismo si è così posto. E si potrebbe anche dire: dialettismo puro, che ogni posizione, ogni termine del processo, non è reale per sé, ma dialettico: ogni raggiungimento astrattamente isolato è da rilasciare e da ripudiare: la sua validità è apparente, e non è che l’attimo che precede il tracollo e la disillusione. Tale raggiungimento è da prendere invece come un semplice anello di una catena infinita: se l’anello si spezza ci si può afferrare alla catena, più in alto.

Il problematicismo può quindi assumere due posizioni che si differenziano nel giudicare lo stesso giudizio della realtà: la prima è quella della gioia e dell’orgoglio della continua conquista, la seconda è quella del dolore e dell’umiliazione del continuo riperdere.

Storicamente è probabile che la seconda posizione senta la necessità di superarsi e quindi di superare la propria problematicità. Per la prima tale superamento è più improbabile, dato il suo trascurare il dolore dell’essere per considerare e riempirsi gli occhi della sua gioia. Un dinamismo teoretico è quindi da attendere in quella seconda posizione, che sente il proprio travaglio e dunque la necessità di superarlo.



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