Dolce acqua by Laura Martinetti & Manuela Perugini

Dolce acqua by Laura Martinetti & Manuela Perugini

autore:Laura Martinetti & Manuela Perugini [Martinetti, Laura & Perugini, Manuela]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti
pubblicato: 2024-02-19T23:00:00+00:00


6.

RIBELLIONE

La primavera sbocciò in anticipo. I prati erano tappeti di violette e margherite. L’acqua del lago era tornata a sbrilluccicare di vita.

Un giorno di sole, mentre pranzavano in cucina, Clelia si rivolse alla figlia: «Oggi ti porto al camposanto, che è un po’ che non andiamo». Durante i mesi invernali avevano diradato le visite. Di mattina c’era la scuola, il pomeriggio i compiti. Le abitudini quotidiane si erano modificate adattandosi ai nuovi ritmi.

Stefania annuì distrattamente, come se non avesse registrato la notizia. Invece, terminato il pranzo, corse subito fuori a raccogliere un mazzolino di fiori.

«Ti piace?» chiese alla madre rientrando in casa e mostrandole un piccolo bouquet che aveva legato con fili d’erba intrecciati.

«Molto», rispose lei con malinconica tenerezza.

«È per lo zio», precisò Stefania. Notò allora che alla donna erano venuti gli occhi lucidi e aggiunse: «Ne vuoi uno anche tu, mammina?».

Clelia si distese in un sorriso e Stefania tornò allegra a giocare.

Si recarono al cimitero all’ora del tramonto. Quando furono di fronte alla tomba, Clelia riempì un vaso alla fontanella e Stefania vi sistemò i fiori che aveva raccolto. Poi, si inginocchiarono a pregare come avevano fatto mille altre volte.

Stefania teneva lo sguardo posato sulla lapide. Il sole stava calando alle loro spalle per consegnare il mondo alle ombre che si allungavano disegnando un inchino. Si soffermò sui segni incisi nel marmo chiaro il cui suono, tutto d’un tratto, le si rivelò come un’illuminazione. Riconobbe la R di Rana. La E di Erba, la N di Nave. La A di Ape. Erano lettere. Lettere dell’alfabeto. Le conosceva tutte. Le aveva imparate quell’anno a scuola con la maestra e poi con zia Ada.

Allora, per far vedere a sua madre che sapeva leggere, iniziò a sillabare ad alta voce.

Partì dalla prima riga.

«RE-NA-TO», pronunciò piano, indicando le sillabe con il dito e facendo una pausa tra una e l’altra. «CRU-CIA-NEL-LI», proseguì.

Al suono di quelle parole Clelia franò nel precipizio del suo incubo più cupo mentre Stefania, che non era ancora riuscita a trattenere il senso di ciò che aveva appena letto, rilesse di nuovo, ma questa volta più veloce, tutto attaccato, per comprenderne il significato.

«RENATO CRUCIANELLI», disse. Trascorse qualche secondo prima che si voltasse verso la madre.

Fu silenzio. Lunghissimo, dilatato, come un elastico tirato da entrambe le estremità. Il tempo necessario per realizzare che ciò che aveva appena pronunciato era il nome di suo padre. Ma fu solo un attimo, perché subito dopo gridò sconvolta: «Ma questo è papà mio! È papà mio!».

Fissò sua madre e urlò con occhi traboccanti di rabbia e lacrime. Avrebbe avuto bisogno di essere accolta in un abbraccio, di ascoltare una voce calda e consolatoria. Ma Clelia era una statua di sale, incapace di qualsiasi reazione. Anche lei, morta tra i morti.

Stefania si aggrappò al ricordo del padre, cercando di trattenerlo con volontà e determinazione, nonostante l’inesorabile passare del tempo lo allontanasse dalla sua giovane memoria. Quando i contorni di quel volto iniziarono a perdere nitidezza, dissolvendosi in una bruma nebulosa, e il timbro virile della voce,



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