Democrazia afascista by Nadia Urbinati & Gabriele Pedullà

Democrazia afascista by Nadia Urbinati & Gabriele Pedullà

autore:Nadia Urbinati & Gabriele Pedullà [Urbinati, Nadia & Pedullà, Gabriele]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2024-03-05T00:00:00+00:00


Le culture politiche del dopoguerra si ispirano a principi tra loro assai diversi e su molti punti esse sono addirittura incompatibili. Proprio sull’antifascismo, però, può raggiungersi secondo Moro una convergenza non solo negativa, ma costruttiva: l’enunciazione di alcuni valori fondamentali (che sono anche un metodo di lavoro, quello concretamente sperimentato dall’Assemblea costituente), a cui tutti possono aderire. L’obiettivo è, appunto, di estendere il compromesso dalle pure e semplici procedure a un nucleo di ideali che proprio nella comune opposizione al fascismo di cattolici, liberali, socialisti e comunisti ha trovato una sorta di prima prefigurazione al tempo della lotta partigiana e del Comitato di Liberazione Nazionale.

Attraverso l’alternativa “antifascismo”/“afascismo” vengono così a delinearsi due ipotesi opposte di democrazia. In comune esse hanno la condanna del regime mussoliniano e l’idea che la stesura di una carta costituzionale richieda la disponibilità ad accordarsi su un sistema di norme. Dove però gli antifascisti e gli afascisti divergono radicalmente è nel modo di concepire il compromesso. Per un liberale nostalgico dell’Italia di inizio secolo come Lucifero, tale compromesso deve limitarsi a stabilire le regole del gioco indispensabili per contenere in forme non violente la competizione tra i leader delle diverse forze politiche assicurando la possibilità di concorrere lealmente alla conquista del sostegno elettorale delle masse. Secondo lui, a una democrazia, per funzionare, non serve molto altro, e ai cittadini non viene richiesto che prendersi la briga di andare a votare nei tempi stabiliti. La cittadinanza si esplica allora come obbedienza alle leggi che la Costituzione convalida (in un’accezione negativa, dunque non propositiva o attiva): non fare, non disubbidire, non violare. Niente di più. Questa è appunto la democrazia afascista di Lucifero e dei liberali con la testa rivolta all’età prefascista nella quale il loro liberalismo era stato forgiato. Un’idea che ritroviamo nel minimalismo contemporaneo, descritto nel capitolo 1.

Per Moro, e per la stragrande maggioranza dei costituenti, tale dimensione procedurale, pure importantissima, non è invece sufficiente: vuoi perché in futuro una democrazia che non ha il coraggio di definirsi antifascista potrebbe rivelarsi pateticamente inefficace davanti al rischio di una nuova dittatura, proprio come lo Statuto Albertino lo è stato contro Mussolini (una preoccupazione che emerge soprattutto dalle parole di Togliatti), vuoi perché la democrazia, per funzionare veramente, non può fare a meno di una dimensione normativa. Una dimensione normativa che faccia perno sulla persona come valore morale fondamentale, che promuova gli ideali di eguaglianza e di inclusione e che si batta quotidianamente per la loro attuazione (un’idea presente tanto in Togliatti quanto in Moro).

Come riconobbe il presidente della Commissione dei Settantacinque, il demolaburista Meuccio Ruini, chiudendo la discussione generale della bozza il 12 marzo 1947, il fascismo aveva avuto almeno un effetto positivo nella storia d’Italia: aveva favorito per reazione l’affermarsi di una serie di valori finalmente comuni a tutte le forze democratiche, a prescindere dalle loro pur cospicue divergenze ideologiche.

La Costituzione è una super-legge, con elementi non di strettissimo diritto, che attengono a quel campo in cui la politica si congiunge alla morale. [...] Non sarebbe



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