Cammina sul lato selvaggio by Alessandro Angeli;

Cammina sul lato selvaggio by Alessandro Angeli;

autore:Alessandro Angeli; [Angeli;, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: edigita
pubblicato: 2023-08-16T22:00:00+00:00


TRANSFORMER

Per un po’ di tempo si rifugiò nella vecchia casa dei suoi a Freeport e fu come se fosse tornato indietro di quindici anni. Per mantenersi lavorò come dattilografo nell’azienda dove il padre era impiegato, ma in ogni momento libero continuava a scrivere e a suonare. Provò a lavorare anche come spazzino, ma resistette a malapena una mezza giornata. A fine estate l’Atlantic pubblicò LOADED e fu il peggior torto che potessero fargli, perché quando lo ascoltò ne fu talmente disgustato che avrebbe voluto bruciarlo. Paradossalmente il disco riscosse un buon successo di vendite grazie al singolo Sweet Jane.

Seduto sul letto di camera, ripensava ai suoi amici. A quando erano passati a prenderlo con la macchina scassata di Sterling, mentre Aretha Franklin cantava allo stereo. Lui guardava fuori la strada che si perdeva nel buio. Erano scesi sulla spiaggia con il rumore del mare tutt’intorno e gli scogli di quarzo. Si erano seduti a fumare sulle sdraio incustodite e dopo qualche minuto di silenzio aveva interrotto il fruscio delle onde: “Chi vincerà alla fine, il mare o gli scogli?”.

Sterling e John non avevano risposto, pensando ognuno agli affari suoi. Era certo che la vita che gli uomini pensavano di vivere era un’illusione, come facevano a far finta di niente?

Dopo che aveva chiuso con il gruppo non era più lo stesso. Era come una trottola che continuava a girare all’infinito, senza punti di appoggio. Usciva da casa e camminava per pomeriggi interi senza incontrare nessuno. In una di quelle sere anonime, se ne andò in cucina, tirò fuori una pizza dal congelatore e la infilò nel forno. Si fermò a sorseggiare del vino mentre aspettava, studiando davanti a sé le labirintiche immagini televisive. Tolse gli stivali dai piedi e si appoggiò sul divano, poi si ricordò della pizza e corse scalzo a levarla dal forno. Mangiò solo come al solito, finì di sparecchiare, ripose i pochi cocci della cena al suo posto e andò in camera sua. Lesse seduto sul letto, la schiena appoggiata al cuscino, la luce dentro la camera era fioca e dalla finestra semiaperta faceva capolino un grosso eucalipto. Un istante dopo si stupì del silenzio che c’era in casa, era solo il suo cuore là dentro a fare rumore. Sobbalzava fuori e dentro di lui come un’orchestra di milioni di ottoni. Sua madre aveva lasciato la porta accostata. Si avvicinò allo stipite senza entrare. Vide il suo viso assorto nel sonno, nascosto e affossato nel cuscino. I suoi occhi chiusi gli provocarono angoscia. Perché sua madre quando dormiva non lo vedeva? A cosa valeva la sua presenza se c’era questo muro di gomma a dividerli. Vide il suo viso invecchiato, i capelli bianchi di piuma e l’espressione sorpresa della bocca. Cosa lo attendeva? A cosa sarebbero andati incontro tutti e due? Non sapeva spiegarselo, non sapeva cos’era questo sentimento di tenerezza e inquietudine che gli inoculava il respiro. Era certo che i loro ruoli non si sarebbero potuti invertire, l’idea che sua madre stava invecchiando, che di lì a poco sarebbe stato lui a doversi occupare di lei lo atterriva.



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