A Roma si muore da soli by Enrica Aragona

A Roma si muore da soli by Enrica Aragona

autore:Enrica Aragona [Aragona, Enrica]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2023-10-06T10:54:51+00:00


Venerdì 16 dicembre

Ore 11:45

Una volta fuori, il tiepido sole di dicembre picchiò in testa a Nadia, che sfilò il maglioncino rimanendo in maniche corte. T-shirt azzurra, scritta “Pissed off 366 days a year”.

«L’arzdaura l’è simpatica come un gat tachè ai maron, eh?», le disse Garzini mentre si avviavano a riprendere l’auto.

«Scusa, ma l’arzdaura non è la donna di casa? La Ponzetti non ce la vedo proprio. Quella più che un gatto attaccato ai coglioni è un pitbull».

«Guardi che a Bologna l’arzdaura mica è solo la massaia. È un’istituzione. La donna che provvede al mantenimento della famiglia. La regina della casa!».

«Grazie, Gianluca. Ora dormirò più tranquilla».

«Come mai le ha chiesto delle scarpe?»

«Era Juriz al telefono, prima. Mi ha dato un po’ di informazioni. Le impronte nell’aiuola sono 44». Nadia rifletté un attimo, fermandosi in mezzo alla strada. Poi chiamò Triggiani sul cellulare. «Giuseppe, devi verificare se qualcuno nell’azienda della Colantonio guida un SUV Mercedes GLS bianco».

«Potrebbe essere l’uomo del mefedrone?», azzardò Garzini quando Nadia ebbe riposto il telefono in tasca.

«È quello che ho pensato. Cilloni ha detto che Emilia aveva assunto mefedrone prima di morire, la sera o la notte prima. Ossia lunedì».

«Che facciamo? Torniamo in ufficio, dottoressa?».

Nadia guardò l’orologio: le undici e quarantacinque.

«Hai da fare per… diciamo per la prossima ora, poco più poco meno?»

«Ha qualche ciappino da mollarmi?»

«Al ciappino da sola non ci arrivo. Questa me la devi spiegare».

«Rottura de’ cazzo? Come dite voi… rottura de’ coglioni?»

«Ti prego, Gianlu’! Non c’è cosa più triste di un non romano che imita un romano. Sembri la brutta copia di Massimo Boldi nel più squallido dei cinepattoni. Comunque no, non ho nessun ciappino da mollarti».

«Allora mi vuole invitare a pranzo?»

«Lo vedi che t’accolli? Ti ho fatto una domanda, sei pregato di rispondere, non di farne altre! Per quello basta Nucciarelli».

«Non ho da fare. Dalla morosa meglio se non ci vado, rischio di attaccarmi l’influenza pure io».

«Bene, allora per favore gira qui a sinistra».

Nadia ricordava che lì c’era un parrucchiere. Almeno c’era una ventina d’anni prima. Quando Garzini svoltò l’angolo, notò con sollievo che non si era sbagliata.

«Fermati pure».

«Devo aspettarla?»

«Sì. Spero di metterci poco».

Appena varcato l’ingresso del piccolo salone di bellezza, Nadia sentì lo sguardo meravigliato di Gianluca Garzini piantato nella schiena. Sorrise.

Dentro al negozio c’erano un paio di clienti sotto i caschi, e una al lavaggio.

Per una volta, che vuoi che sia…, pensò Nadia tirando fuori il tesserino. Mica faccio male a qualcuno, no? Poi andò verso la sciampista.

«Signorina, mi scusi», le disse mostrandoglielo. «Sono un funzionario di polizia».

La ragazza impallidì, diventando più o meno dello stesso colore dell’asciugamano che la cliente aveva sul collo.

«Che è successo qualcosa?», chiese, sciacquandosi le mani e asciugandole sui jeans. «Franco!», urlò poi. «Franco, corri!».

«No, non si preoccupi». Nadia si era già pentita di quel piccolo abuso di potere appena messo in atto. «Volevo solo chiederle se fosse possibile dare una sistemata a…». Si sfilò il basco indicandosi la testa.

«Oddio, m’ha fatto pija’ un corpo! Ma che se fa così?», la rimproverò la ragazza. Intanto, mentre



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