Unguarded. La mia vita senza filtri by Scottie Pippen & Michael Arkush

Unguarded. La mia vita senza filtri by Scottie Pippen & Michael Arkush

autore:Scottie Pippen & Michael Arkush [Pippen, Scottie & Arkush, Michael]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Sports, Sports & Recreation, Basketball
ISBN: 9788817160971
Google: WuXgzgEACAAJ
editore: Rizzoli
pubblicato: 2022-07-14T23:00:00+00:00


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Da un sogno all’altro

Invece che con i Lakers, alle NBA Finals ci scontrammo con i Portland Trail Blazers.

No, i Blazers non avevano un giocatore leggendario come Magic Johnson, né tantomeno un glorioso passato alle spalle. Erano entrati nella massima serie nel 1970, con l’espansione della lega, e avevano vinto il titolo una volta sola (1976-77). Forse avrebbero fatto di meglio, se nel 1978 non ci fosse stato l’infortunio al piede del loro centro, il grande Bill Walton, che da allora non era più stato lo stesso. A un certo punto, durante la stagione 1977-78, la squadra aveva segnato un record di 50 vittorie e 10 sconfitte, ma nel giro di poco era tornata a essere come prima dell’arrivo di Walton: irrilevante.

E quello era proprio il destino che speravamo di evitare. L’albo d’oro dei vincitori del campionato NBA comprende diverse meteore, sparite con la stessa velocità con cui erano apparse.

I Blazers, che avevano sconfitto gli Utah Jazz alle finali della Western Conference, vantavano maggiori doti atletiche rispetto ai Lakers e avevano talento a volontà, con il centro Kevin Duckworth, il playmaker Terry Porter, la guardia Danny Ainge e le ali Jerome Kersey, Cliff Robinson e Buck Williams.

Ah, naturalmente poi c’era Clyde.

Clyde Drexler, con i suoi 201 centimetri, sarebbe toccato a me. Come al solito, non vedevo l’ora di affrontare la sfida.

Studiavo il suo gioco da anni, come avevo fatto con quello di Magic. Abile nella penetrazione a canestro, Clyde usava la mano destra e palleggiava di rado a sinistra. Per usare le parole di Phil, in ogni serie di playoff il nostro obiettivo era tagliare la testa al serpente della squadra avversaria. Il serpente dei Blazers era Clyde. In quella stagione aveva realizzato una media di 25 punti a partita, finendo secondo nella corsa al titolo di MVP, subito dietro a MJ. Qualcuno li metteva nella stessa categoria.

Come prevedibile, a Michael non piacevano i paragoni con Clyde. In realtà non gli piacevano i paragoni con nessuno.

Il bello è che nel 1984 lui era finito nei Bulls soltanto perché i Blazers, che potevano scegliere prima di loro, avevano già Clyde (selezionato al draft dell’anno precedente) e non ritenevano di aver bisogno di un altro giocatore con caratteristiche simili.

Grosso errore.

Comunque, in Gara 1 allo Stadium, Michael passò subito ai fatti. Ipnotizzato, lo guardavo buttare dentro una tripla dopo l’altra contro Clyde. Se ne usciva sempre con qualcosa che non avevamo mai visto prima.

Chiuse con 39 punti, tra cui 6 triple, per un trionfale 122-89. La sua prestazione, compresa la famosa scrollata di spalle dopo aver messo l’ultimo tiro da tre, fece passare in secondo piano la tripla doppia sfiorata dal sottoscritto (24 punti, 10 assist, 9 rimbalzi), ma ero più che soddisfatto di aver contenuto Clyde, che era riuscito a fare solo 16 punti con un 5/14 dal campo. E tanti saluti alla testa del serpente.

I Blazers avevano sentito la pressione?

Forse. Di sicuro non c’erano scuse per aver perso la prima partita delle NBA Finals di 33 punti. Poco importava che Michael avesse tirato ben 16 volte da tre.



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