Stern Rigoni Mario - 1995 - Le Stagioni Di Giacomo by Stern Rigoni Mario

Stern Rigoni Mario - 1995 - Le Stagioni Di Giacomo by Stern Rigoni Mario

autore:Stern Rigoni Mario [Stern Rigoni Mario]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: narrativa moderna e contemporanea (dopo il 1945)
ISBN: 9788806181758
editore: EINAUDI
pubblicato: 2006-05-07T22:00:00+00:00


17

Si aspettavano il disgelo e la primavera come non mai; sulle rive al sole erano già arrivate le allodole che alla sera, dicevano i vecchi, se ne ritornavano verso la pianura perché di notte qui ancora gelava. Si aspettava anche la ripresa dei lavori e U momento di portare il letame sui campi delle patate. Ma già i Grass lo stavano trasportando con le gerle, e passo a passo, di buon'ora, salivano per un sentiero, tra la neve ancora gelata e il terreno nudo: tra harnust e happar, dicevano nell'antica lingua. I Grass anticipavano tutti i lavori sui campi perché se si fossero riaperti quelli per il grande ossario, o se fosse stata da sistemare qualche strada del Consorzio, ciò che si doveva fare per casa era fatto.

Anche Giacomo e suo padre, quando il sole nel tardo mattino arrivava a scaldare le terre delle comunanze, andavano con picconi e badili a rancore un pezzetto di terreno verso il bosco. Suo padre, ma anche la nonna, lo pensavano buono per coltivare le lenticchie; e magari l'anno dopo patate. Arrivare a novembre con venti chili di lenticchie in casa voleva dire buoni minestroni per tutto l'inverno.

Cinque chili di lenticchie da semina se li erano fatti prestare dagli Zai che l'anno prima avevano arato un grande campo sul Poltrecche facendo un ottimo raccolto; se non avessero potuto restituirle le avrebbero pagate con il ricavo del recupero.

Non erano i soli, verso la fine dell'inverno, che lavoravano a roncare i terreni comunali tra proprietà private e bosco. In più località del colmello, nei posti solivi, si alzava il fumo dei debbi che bruciavano sterpi e zolle. Con i trovanti della morena o con le pietre venivano fatti i muretti a secco per sostegno e per ridurre le pendenze; sotto si rimettevano i sassi o la ghiaia, sopra la terra che era stata ammucchiata con cura durante lo scasso. Se non c'era letame a sufficienza si frammischiavano assieme alla terra foglie di faggio e ramaglia di peccio tagliata sottile. Ad aprile, con l'arrivo del cuculo, i lavori finiti apparivano così ordinati, precisi e armoniosi da ingentilire il paesaggio, e per chi saliva verso il Petareide erano così belli all'occhio da far chiamare quel luogo i «Giardini».

Alla campana del mezzogiorno i vicini si riunivano per mangiare e per parlare un po' dei fatti della vita, e per fumare una pipata in pace. Ogni tanto la guardia comunale Gigio Rizzo passava a controllare i lavori e a vedere se tutto procedeva secondo le regole non scritte: non danneggiare il bosco e non contrastare per i confini. Era anche suo compito considerare la superficie dissodata da ogni nucleo famigliare visto che, dall'anno successivo, c'era da pagare una tassa all'Esattoria del comune per l'uso dell'enfiteusi.

Gigio Rizzo era severo ma giusto, di poche e chiare parole. Sempre composto nella sua divisa di guardaboschi, con gli scarponi bene ingrassati, con il bastone di corniolo dall'impugnatura ricurva e il passo gagliardo, la sua presenza si sentiva costante anche quando non si vedeva. Non



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