Seta by Alessandro Baricco

Seta by Alessandro Baricco

autore:Alessandro Baricco [Baricco, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2011-12-15T07:29:41+00:00


- È proprio necessario che parta, Baldabiou?

- No.

- E allora perché?

- Io non posso fermarlo. E se lui vuole andare laggiù, io posso solo dargli una ragione in più per tornare.

Tutti gli allevatori di Lavilledieu versarono, pur contro voglia, la loro quota per finanziare la spedizione Hervé Joncour iniziò i preparativi, e ai primi di ottobre fu pronto per partire. Hélène, come tutti gli anni, lo aiutò, senza chiedergli niente, e nascondendogli qualsiasi sua inquietudine. Solo l’ultima sera, dopo aver spento la lampada, trovò la forza per dirgli

- Promettimi che tornerai.

Con voce ferma, senza dolcezza.

- Promettimi che tornerai.

Nel buio, Hervé Joncour rispose

- Te lo prometto.

Il 10 ottobre 1864, Hervé Joncour partì per il suo quarto viaggio in Giappone. Varcò il confine francese vicino a Metz, attraversò il Württemberg e la Baviera, entrò in Austria, raggiunse in treno Vienna e Budapest per poi proseguire fino a Kiev. Percorse a cavallo duemila chilometri di steppa russa, superò gli Urali, entrò in Siberia, viaggiò per quaranta giorni fino a raggiungere il lago Bajkal, che la gente del luogo chiamava: il santo. Ridiscese il corso del fiume Amur, costeggiando il confine cinese fino all’Oceano, e quando arrivò all’Oceano si fermò nel porto di Sabirk per otto giorni, finché una nave di contrabbandieri olandesi non lo portò a Capo Teraya, sulla costa ovest del Giappone. A cavallo, percorrendo strade secondarie, attraversò le province di Ishikawa, Toyama, Niigata, ed entrò in quella di Fukushima. Quando giunse a Shirakawa trovò la città semidistrutta, e una guarnigione di soldati governativi accampata tra le macerie. Aggirò la città dal lato est e attese invano per cinque giorni l’emissario di Hara Kei. All’alba del sesto giorno partì verso le colline, in direzione nord. Aveva poche carte, approssimative, e quel che gli rimaneva dei suoi ricordi. Vagò per giorni, fino a quando non riconobbe un fiume, e poi un bosco, e poi una strada. Alla fine della strada trovò il villaggio di Hara Kei: completamente bruciato: case, alberi, tutto.

Non c’era più niente.

Non c’era anima viva.

Hervé Joncour rimase immobile, a guardare quell’enorme braciere spento. Aveva dietro di sé una strada lunga ottomila chilometri. E davanti a sé il nulla. Improvvisamente vide ciò che pensava invisibile.

La fine del mondo.

Hervé Joncour rimase per ore tra le rovine del villaggio. Non riusciva ad andarsene benché sapesse che ogni ora, persa lì, poteva significare il disastro per lui, e per tutta Lavilledieu: non aveva uova di baco, con sé, e anche se le avesse trovate non gli restavano che un paio di mesi per attraversare il mondo prima che si schiudessero, per strada, trasformandosi in un cumulo di inutili larve. Anche un solo giorno di ritardo poteva significare la fine. Lo sapeva, eppure non riusciva ad andarsene. Così rimase lì finché non accadde una cosa sorprendente e irragionevole: dal nulla, tutt’a un tratto, comparve un ragazzino. Vestito di stracci, camminava lento, fissando lo straniero con la paura negli occhi.



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