Se non la realtà by Tommaso Landolfi

Se non la realtà by Tommaso Landolfi

autore:Tommaso Landolfi [Landolfi, Tommaso]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2024-04-15T22:00:00+00:00


Non la vedevo, ho detto, da almeno quindici anni, e per di più l’avevo sempre veduta poco. Ma sapevo che era tuttora zittella, che abitualmente viveva a Roma, e riconoscevo i suoi occhi lustri, la sua pelle lustra, il leggero tremito delle manine nocchierute; solo era notevolmente ingrassata. Poteva adesso avere sessant’anni.

«E allora, cara zia, come mai da queste parti?».

«È per lei. Cioè, avevo fatto una corsa qui per i miei interessi: la terra, sai, non dà che grattacapi; ma poi è successo che lei...».

Il personaggio di cui stavamo parlando, seduto accanto a noi in un angolo del focolare, nel frattempo si grattava furiosamente uno dei suoi lunghi orecchi: era insomma una cagna vecchiotta di razza spagnuola.

«Lei che cosa?».

«Beh, ho visto che era incinta e allora... Tu sai quanto io ami gli animali; sebbene in città non possa proprio tenerli, già questa è di troppo».

«E così? Pensereste forse di stabilirvi qui per l’occasione?».

«Eh no, ma appunto perché li amo... Bisognava bene aspettare che partorisse, no?».

«In altri termini voi volete che partorisca con tutti i comodi e all’aria fina?».

«Se mai volevo, perché lo ha già fatto: un bambino solo. Ma non era proprio questo».

«Oh brava; e dov’è questo bambino?».

«Ma diavolo, non mi capisci: lo ho... lo ho...».

«Poverino, lo avete fatto sopprimere?».

«Ah no, questo mai: lo ho ammazzato colle mie mani. Ma sì, così son sicura che non abbia sofferto. Sapessi come era bellino, minutino, tutto suo padre, che è un cane di gran razza dei Parioli; coi suoi orecchiucci lunghi lunghi, il pelo arricciolato, e degli occhini, degli occhini! Perché lo ho lasciato vivere un paio di settimane per godermelo prima un poco. Non solo aveva aperto gli occhi, ma già cominciava a girare per casa, alla sua maniera, si capisce, inciampando a ogni passo. Era tanto bello, che uno di qui mi pregava di regalarglielo o anche di venderglielo; ma io non gliel’ho voluto dare, chissà come lo avrebbero trattato».

Si asciugò una lacrimuccia.

«E... e... come lo avete ammazzato?».

«Ah, proprio per bene, tutto è andato bene e non ha sentito nulla».

«Gli avete fatto un’iniezione?».

«Dio guardi! Lo capiscono, cosa credi».

«E allora?».

«Ma perché vuoi saperlo? Gli ho messo, per benino, due batuffoli di ovatta imbevuti di etere, uno per naricina, giusto perché si addormentasse e non sentisse il resto».

«Come il resto: e non bastava?».

«No, no, non basta ti dico; lo so benissimo io, che ne ho dovuti ammazzare tanti a questa maniera».

«E poi?».

«E poi lo ho steso nell’acqua, nel medesimo catino che serviva per il suo bagnetto: sai, se anche in caso si fosse risvegliato, la morte per annegamento è sempre la più dolce. Lo avessi veduto lì composto, il morticino. È qui di fuori, proprio all’angolo della casa, nella sua brava cassettina, e ci ho piantato una rosa sopra». Sospirò e si asciugò un’altra lacrimuccia.



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