La fragilità del bene by Martha C. Nussbaum

La fragilità del bene by Martha C. Nussbaum

autore:Martha C. Nussbaum
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2016-02-27T16:00:00+00:00


Quali sono le connessioni tra questi elementi così suggestivi? Io mostrerò che il Fedro presenta una nuova concezione del ruolo che il sentimento, l’emozione e, in modo particolare, l’amore devono avere nella vita buona e che questo cambiamento di prospettiva viene realizzato all’interno del dialogo stesso: Platone mette in scena alcuni elementi importanti del suo precedente punto di vista nei due primi discorsi e quindi «ritratta» e assieme critica questi discorsi. Tutto ciò acquista, poi, una particolare immediatezza perché viene messo in diretta relazione con la scelta erotica e personale di Fedro. E la conclusione sulle passioni mostrerà implicazioni anche per il modo in cui Platone intende il ruolo della poesia e le connessioni tra poesia e filosofia.

Ci sono, poi, delle somiglianze sorprendenti tra la dottrina sostenuta nel primo discorso di Socrate (e nel discorso di Lisia che lo ispira) e talune posizioni difese con convinzione da Socrate nei dialoghi del periodo di mezzo. Si tratta di una vera e propria ritrattazione di qualcosa che Platone aveva effettivamente approvato. L’opinione dominante che giudica i due primi discorsi come qualcosa di degradato e di disgustoso non è, in realtà, stata capace di apprezzare la loro forza. Quei discorsi si dimostreranno capaci di meritare l’attenzione di un giovane del talento e della bellezza di Fedro. Ma un motivo per cui essi sono stati trattati alla leggera risiede nel fatto che Socrate stesso esprime esplicitamente la propria vergogna ed il proprio disgusto. Egli li pronuncia per una sorta di costrizione e subito li ritratta, sostenendo che quanto essi dicono non è né sano, né giusto (242 c). Quali elementi del contesto possono, dunque, persuaderci a vedere in essi qualcosa di serio e capace di mettere in difficoltà la coerenza di Socrate?

In primo luogo, il rispetto per i loro autori. Credo che Platone non criticherebbe mai un uomo di paglia e che non dedicherebbe tanto tempo ad una posizione che giudica intrinsecamente senza valore (o, in questo caso, ad un interlocutore che è profondamente attratto verso una posizione senza valore intrinseco). Ma ci sono anche altre prove più concrete. I discorsi vengono criticati innanzi tutto per la loro naiveté (euetheia, 242 d 7; e 5). Sarebbe strano affermare questo di una posizione che si suppone cinica, vile e priva di qualsiasi interesse. Una seconda circostanza ci dice di più: Socrate sostiene che fu il suo daimonion, il suo segnale divino, a sollecitare la ritrattazione. Il daimonion è una vera e propria individualità che in qualche rara occasione interviene per «trattenere» Socrate quando sta per commettere qualche sbaglio (Phaedr. 242 c; cfr. Apol. 31 d). Anche tenendo nel debito conto l’ironia di Socrate, non ci aspetteremmo mai un suo intervento se Socrate stesse solamente recitando una parte, senza essere seriamente tentato dall’opinione sbagliata. Un’ulteriore conferma di tale serietà viene fornita dal fatto che Socrate dipinge il suo primo discorso come ispirato da certe Muse. Non si tratta di Pan, delle Ninfe e delle altre divinità della natura selvaggia che guidano i suoi ultimi discorsi (cfr. 279 b-c; 262 d-e), bensì delle Muse «Liguri» o «dalla voce chiara».



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