La bestia umana by Émile Zola & Daniele Petruccioli

La bestia umana by Émile Zola & Daniele Petruccioli

autore:Émile Zola & Daniele Petruccioli [Zola, Émile & Petruccioli, Daniele]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2024-02-27T12:00:00+00:00


VIII

Il treno entrò in stazione, a Parigi, alle ventidue e quaranta. Aveva effettuato una fermata di venti minuti a Rouen, per consentire ai passeggeri di cenare; Séverine si era affrettata a mandare un telegramma al marito per avvertirlo che sarebbe tornata a Le Havre soltanto con l’espresso dell’indomani sera. Una notte intera da passare con Jacques, la prima insieme, chiusi in camera, liberi e soli, senza paura di essere disturbati!

Appena usciti da Mantes, Pecqueux aveva avuto un’idea. Sua moglie, la vecchia Victoire, da otto giorni era all’ospedale per una brutta storta alla caviglia a seguito d’una caduta; e siccome lì in città lui aveva un altro letto dove andare, come spiegò sghignazzando, pensò di cedere camera loro a madame Roubaud: ci si sarebbe trovata molto meglio che in un albergo di zona, e avrebbe potuto restarci fino alla sera del giorno dopo, come a casa sua. A Jacques la praticità della sistemazione fu subito evidente, tra l’altro non aveva idea di dove portare la ragazza. Così, sotto la pensilina, in mezzo alla fiumana di passeggeri che finalmente scendeva, quando lei venne alla locomotiva le consigliò di accettare e le allungò la chiave, datagli dal fuochista. Lei però era incerta, diceva di no, si imbarazzava per il sorrisone maschio dell’altro, che di sicuro sapeva già ogni cosa.

«No, no, vado da una cugina qui. Mi sistemerà un materasso in terra.»

«E su» disse alla fine Pecqueux con la sua faccia da buon ragazzone godereccio, «la prenda. Il letto è morbidissimo, sa! E grande, ci si può stare in quattro!»

Jacques le lanciava uno sguardo di un’insistenza tale che alla fine lei accettò la chiave. Lui si chinò e le sussurrò all’orecchio, pianissimo:

«Aspettami».

Séverine doveva solo risalire un pezzetto di rue d’Amsterdam e svoltare nella stradina chiusa; la neve però era parecchio scivolosa, bisognava camminare con grande attenzione. Per fortuna trovò il portone ancora aperto e salì le scale senza essere vista dalla portiera, immersa in una partita a domino con una vicina; arrivò al quarto piano, aprì la porta e la richiuse così piano che nessun vicino, senza alcun dubbio, avrebbe sospettato della sua presenza lì. Intanto, nell’attraversare il pianerottolo del terzo, in casa Dauvergne aveva sentito con grande chiarezza ridere e cantare: senz’altro una festicciola delle due sorelle, che una volta a settimana invitavano le amiche per far musica. Anche adesso Séverine, dopo aver richiuso la porta, nel buio pesto dell’ambiente percepiva, sotto l’assito, la gaia allegria di tanta gioventù. Per un attimo le tenebre l’avvolsero del tutto; poi trasalì perché il cucù, nel buio più assoluto, si mise a battere le undici, con il tocco grave che lei ben ricordava. Infine gli occhi le si abituarono e distinse i due rettangoli chiari delle finestre, che illuminavano il soffitto del pallore della neve. Ormai era in grado di orientarsi, cercava i fiammiferi sull’angolo della credenza, dove ricordava di averli visti l’altra volta. Trovare una candela fu già più difficile; alla fine ne scovò un mozzicone in fondo a un cassetto; l’accese e la stanza



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