Il dono by Paola Barbato

Il dono by Paola Barbato

autore:Paola Barbato [Barbato, Paola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2023-04-14T12:00:00+00:00


DISPNEA

Aveva visto l’uomo girare intorno a casa sua quando era ancora molto lontano. Ormai era l’ultimo superstite del gruppo di amici che andavano a correre al mattino presto in riva al mare. Lo chiamavano “l’uomo bionico”.

«Ma come fai con questo freddo?»

«E con i pantaloni corti, poi!»

e lui si compiaceva. Non lo aveva stupito rimanere da solo ad affrontare qualsiasi condizione meteo, sapeva di essere capace di cose che quei quattro sfigati non potevano nemmeno immaginare. Quella mattina il cielo era terso, tirava vento ma non abbastanza da spingerlo ad abbassare la testa, aveva corso con l’aria che gli sferzava il viso, il petto che si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro. Guai se qualcuno avesse provato a fermarlo.

Guai.

Tornato a casa aveva notato l’uomo, e così aveva rallentato. Lui conosceva bene le persone che si aggiravano nel quartiere a quell’ora, le aveva osservate e catalogate, in quei mesi, di molti aveva anche delle fotografie che aveva scaricato sul suo computer. Già due volte aveva sospettato di tizi che non gli tornavano. Uno aveva parcheggiato a due metri dal suo portone per tre giorni consecutivi, l’altro aveva preso a fare colazione nel bar degli studenti, pur essendo decisamente fuori età. Il secondo lo aveva seguito e aveva scoperto che accompagnava la figlia a dare gli esami, il primo invece lo aveva affrontato a muso duro, costringendolo a uscire dall’auto e spintonandolo finché non si era quasi messo a piangere. Allora ne aveva ascoltato la voce, abbassando gli occhi, cercando di ricordare le note basse e le inflessioni. Non gli era sembrato lui e, anche se non gli aveva voluto spiegare perché avesse scelto di restare parcheggiato lì, lo aveva lasciato andare, purché non si facesse più vivo. Ma non si era illuso, sapeva benissimo che si trattava di diversivi, fumo negli occhi. Lui sarebbe arrivato comunque, da tutt’altra parte ma sarebbe arrivato. E quella mattina, quando aveva visto l’uomo aggirarsi intorno al palazzo, guardando in alto e controllando i campanelli, aveva capito. I jeans, il giubbotto di pelle, i capelli scuri tirati indietro col gel. Aveva l’aria di chi non aveva paura di niente, e allora non c’era stato più dubbio.

“È lui.”

La mail arrivata nove mesi prima si era limitato a cancellarla e se ne fossero arrivate altre non le avrebbe nemmeno aperte. Non avrebbe commesso due volte lo stesso errore. Rifiutava di porsi domande sul donatore, non voleva sapere chi fosse morto per permettergli di vivere, saperlo non avrebbe cambiato nulla. Era contento che fosse crepato, perché fingere che non fosse così? Non sentiva di dovergli nulla, non un ringraziamento, non una preghierina prima di andare a letto, quelle erano tutte cazzate per ipocriti. Era il destino, a qualcuno diceva male, ad altri diceva bene. Probabilmente a scrivergli per cercare di farlo sentire in colpa era stato un amico di Dalila, se non Dalila stessa. Gente che voleva mandargli in veleno il godimento che la vita gli dava, ma questa soddisfazione se la potevano sognare. La colpa, lui, non sapeva nemmeno dove stesse di casa.



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