Guerre culturali e neoliberismo by Mimmo Cangiano

Guerre culturali e neoliberismo by Mimmo Cangiano

autore:Mimmo Cangiano [Cangiano, Mimmo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9791254800799
editore: Nottetempo
pubblicato: 2024-02-08T23:00:00+00:00


A sinistra non è in gioco un conflitto fra diritti civili e diritti sociali. I due campi dei diritti – ci torneremo nella conclusione del volume –, quando intesi in relazione al funzionamento del mercato capitalistico, non sono separabili e aprono invece a un’intersezionalità reale. Ma è certamente in gioco, davanti a sistemi politici bipolari che convergono sulla medesima posizione economica, un profondo contrasto fra una visione materialista e una culturalista.

L’accentuazione sovrastrutturale del “particolare” (logica di un tempo – ha scritto Andreas Reckwitz – intimamente portato a sostenere il valore di ciò che è “singolare” rispetto a ciò che è uniforme, collettivo e socializzato4), quando non è intesa in rapporto alle proteiformi logiche di produzione e mercato, rischia proprio, stante il suo essenzialismo di ritorno, di portare gli intellettuali progressisti ad aderire passivamente a certi processi di trasformazione sociale che condividono la logica culturale neoliberista. E ciò, proprio per l’oblio della relazione dialettica fra struttura e sovrastruttura – o, meglio, per il fatto di legare il funzionamento della struttura a una singola determinazione ideologica: sempre quella monologico-universalista.

Il culturalismo non è infatti il sacrosanto intervento culturale in funzione politica, ma è proprio l’essenzializzazione ideologica del modo di funzionamento della struttura economica: fenomeno tipico, ha scritto Jameson, di quella dominante ideologica che è il postmodernismo. È la naturalizzazione della struttura – intesa come sempre diretta da principi universalistici, monologici, normativizzanti – a far sì che l’intervento culturale si pensi poi sempre come altro rispetto alla struttura economica stessa, in quanto diretto da presupposti ideologici (pluralismo, differenza ecc.) opposti. Il culturalismo è cioè il frutto dell’essenzialismo di ritorno.

Ciò conduce gli intellettuali al rischio di farsi organici al mercato fintanto che questo segue determinate direttive culturali; e, fenomeno anche più preoccupante, rischia di rendere gli stessi intellettuali di sinistra organici a un capitalismo che, sempre più attento alla dimensione immateriale dei consumi, eleva continuamente, come sostiene per esempio Jeremy Rifkin, i prodotti culturali e simbolici a centro dello stesso dominio politico-economico5; facendo così perdere terreno – ed è proprio quanto emerge nelle versioni più liberal delle culture wars – alla visione materiale delle questioni connesse alla rappresentazione e al riconoscimento simbolico delle minoranze.

Questo, come sempre, non significa necessariamente un decadimento delle possibilità di lotta, ma significa che sotto attacco va a finire solo un certo tipo di capitalismo, quello ancora basato su ideologie monologico-universalistiche – cioè quello che, nei termini di Lacan, va sotto il nome di “Discorso del Padrone”. Nelle parole di Giglioli:

Ciò che è accaduto può descriversi come un transito dal Discorso del Padrone al Discorso del Capitalista. Il primo è incentrato sulla dialettica tra proibire e ridislocare le energie immagazzinate con la repressione, e si sposa bene con l’etica protocapitalistica […]: astieniti, risparmia, accumula, reinvesti, privilegia il futuro sul presente […]. Nel Discorso del Capitalista, invece, l’istanza proibitiva si annulla a vantaggio di un Super-Io non meno esigente, il quale però ingiunge: consuma, spreca, godi; ti spetta la felicità qui e ora, tutta e subito, senza ostacoli interni né possibilmente esterni. […] credi al tuo immaginario come alla cosa più vera e giusta che ci sia6.



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