Cuore nerazzurro by Sandro Mazzola

Cuore nerazzurro by Sandro Mazzola

autore:Sandro Mazzola [Mazzola, Sandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2023-04-14T12:00:00+00:00


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L’ANNO DELLA STELLA

Dopo avere battuto l’Atalanta, perdemmo a Roma. Le fatiche della Coppa Intercontinentale si erano fatte sentire. A contenderci la testa della classifica, quell’anno, trovammo il Napoli di Achille Lauro, che aveva comprato Altafini e Sívori.

Poi pian piano, smaltite le fatiche ci riprendemmo la vetta e chiudemmo il girone d’andata in testa. Nel ritorno sembrò che prendessimo il largo, ma poi incespicammo malamente a Catania. Ah, il solito “clamoroso al Cibali!”. Ciò diede nuova linfa a Napoli e Milan che ci tornarono addosso.

Herrera tornò a fare il Mago, a sostenerci psicologicamente, a darci stimoli. Rispondemmo alla grande, da Grande Inter, con sei vittorie consecutive. Ci eravamo scrollati di dosso il Milan, precipitato a undici punti, mentre il Napoli e un redivivo Bologna del mio amico Bulgarelli mantennero una flebile speranza, seppur lontani sei punti. Furono proprio i rossoblù a crearci qualche grattacapo. Infatti, prima infilammo due pareggi consecutivi, quindi perdemmo due a uno lo scontro diretto al Dall’Ara, il 1° maggio 1966, dopo che eravamo passati in vantaggio con un gol di Bedin.

Qui, tuttavia, c’è da aprire una parentesi.

Quelle tre partite di campionato, culminate con la sconfitta di Bologna, che parve riaprire la lotta scudetto, erano di certo state influenzate da un fattore psicologico negativo: la semifinale di Coppa dei Campioni giocata contro il Real Madrid.

Eravamo i campioni in carica. A dicembre 1965 avevamo di nuovo pescato la Dinamo Bucarest agli ottavi. Stavolta non li travolgemmo sei a zero come l’anno prima, bensì perdemmo la gara d’andata in Romania per due a uno. Al ritorno segnai l’uno a zero su rigore, dopodiché faticammo per realizzare il secondo gol. Fu Facchetti a un minuto dalla fine a metterla dentro. Forse non era un buon segnale, ma intanto eravamo ai quarti.

Il sorteggio ci mise davanti gli ungheresi del Ferencvárosi. Quattro a zero a San Siro, uno a uno a Budapest. Non riuscii a segnare neanche un gol. Se gli anni precedenti ero stato il cannoniere di Coppa, stavolta l’Europa si mostrava stregata per me.

In semifinale incrociammo, come detto, il Real Madrid. Era una squadra ringiovanita rispetto a due anni prima, quando l’avevamo sconfitta in finale al Prater di Vienna. Restava ugualmente una grande squadra. Il 13 aprile 1966, al Bernabéu perdemmo uno a zero. Era una sconfitta dura da digerire, soprattutto in vista del ritorno, quando ci sarebbe toccato vincere con due gol di scarto. Così in campionato, contro la Fiorentina scendemmo svagati e incappammo nel primo dei due pareggi.

Il 20 aprile, in un San Siro pieno di gente pronta a sostenerci, giocammo il ritorno contro i madridisti. Dovevamo ripetere, in parte, quello che avevamo fatto l’anno prima col Liverpool. Già, ma non era facile. Anche perché dopo venti minuti il Real Madrid andò in vantaggio con un gol di Amancio. La strada era in salita. Persino il pubblico se ne rese conto. Si percepiva un’aria triste. Il tempo passava e noi non riuscivamo neanche a pareggiare, figurarsi a fare i tre gol che sarebbero serviti a qualificarci. Pareggiò Facchetti a dieci minuti dalla fine.



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