Ballo ad Agropinto by Giuseppe Lupo

Ballo ad Agropinto by Giuseppe Lupo

autore:Giuseppe Lupo [Lupo, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2024-03-18T13:07:48+00:00


* * *

Arrivò il giorno in cui Bomba il Capoguardia si presentò al casello di Boschito con un foglio in cui il sindaco di Agropinto ordinava di sgombrare il villaggio.

«Motivi di ordine pubblico» spiegava Bomba, che un po’ era dispiaciuto perché il Fosso del Pidocchio sarà stato pure un luogo che gli procurava grattacapi, ma vuoi mettere il carnevale di umanità che uno ci poteva trovare? «Datevi da fare, che non si può mai sapere cosa passa nella testa dei politici» esortava Bomba.

L’idea che il posto dove eravamo nati tutti potesse appartenere ad altri e non più a noi, ci rese tristi e anche i più ardimentosi, come Gioacchino Sceicco, misero da parte la speranza di correre dal sindaco. L’unica faccia allegra era quella di Tano Ucciallì che volle sperimentare un’invenzione assomigliante a uno strano congegno osservato su una cartolina di una località turistica invernale, capitata nelle mani degli operai settentrionali: dinanzi al monte Bianco, appesa a un cavo d’acciaio, scorreva una cabina a vetri carica di sciatori. Tano chiamò “funiculì” quel sistema di trasporto e lo costruì con pali, carrucole, ganci e funi, come aveva fatto anni prima con i tralicci dell’acquavolante.

Cominciammo a traslocare cassoni e armadi sventrati, mastelli di legno bruciacchiati, sedili di pietre e brande di ferro arrugginite. Qualcuno trasferì trogoli per maiali, gabbie per conigli, tronchi di querce sradicate, fumaioli, aratri e telai di motocicli: tutta roba che, appesa alle corde del funiculì, risalì il crinale della collina sotto lo sguardo allibito di Milleunanotte e fu ammucchiata ai bordi della ferrovia.

«Altro che pescecani democristiani!» esclamò il capostazione quando vide la nostra ricchezza. «Siete voi i veri capitalisti!»

Gioacchino Sceicco riuscì a trasportare il tafanario e lo sciaraballo di Ucciallì, dimenticati fra i carboni, l’organino a manovella e la sagoma di Cornelia Madreperla, che Iano Bardotto, per proteggerla dagli urti, aveva ravvolto in cartoni e incerate. Mentre la scaricavamo a terra con mille attenzioni, venne a trovarci Salvatore Malvone: aveva restituito le terre in fitto a don Amedeo Spagnuolo e con il ricavato aveva pagato, per sé, per il nipote e per Giustina la Murgese, il viaggio a Milano su un camion di emigranti. Padre Colantuono rovistò tra la roba ammassata in cerca di un dono per il piccolo Natalino. Non trovando niente, andò a prendere la Bibbia nel suo scompartimento, aprì e lesse ad alta voce: «La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.» Poi strappò con cautela il foglio, lo piegò in quattro e lo affidò a Salvatore Malvone con la preghiera di darlo a Natalino in ricordo del padre.



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